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EMOZIONARSI CON FERNANDA
Auditorium della «Repubblica Veneta»
gremitissimo lunedì scorso a Rovigo, per accogliere uno degli ospiti
più attesi: Fernanda Pivano.
È proprio vero che il fascino non ha età. Minuta, le mani ornate
di vistosi anelli, mani mobili come il suo sguardo ironico, la vivacissima Nanda
ha subito polarizzato l’attenzione dell’uditorio con cui aveva saputo
creare un magico feeling, mentre raccontava senza sosta, spicchi della sua più
che interessante vita, costellata da privilegi da far morire d’invidia.
«Di Hemingwy cosa volete ancora che vi dica?»
«Ricordo il privilegio di tradurre, seduta al suo fianco e di quando gettava
via una pagina per una parola sbagliata. Perché getti tutto per una sola
parola? E lui: “Non sapevi che una sola parola può sostenere una
intera pagina”? Il mattino era sobrio, lucido come una lama. Poi venivano
i visitatori e doveva offrire da bere. Qui cominciava il guaio, ormai gli bastava
poco, il suo sangue era intossicato.»
_ E i fogli gettati che fine hanno fatto?
«Con quelli, prontamente raccattati, sono stati poi pubblicati i suoi
inediti.»
Un Hemingway sempre più vicino, da toccare quasi con mano, prendeva sempre
più precisi connotati, uscendo dalla narrazione della sua amica e traduttrice.
Nanda ne rifaceva la voce, i tic, il gestire. Lo sentivamo scrivere, proporre
la pagina allo staff di collaboratori per la scelta e avvertivamo l’emozione
inorgoglita della nostra traduttrice, quando veniva approvata una “sua”
pagina.
_E Kerouac?
«Non era quel drago, quel seduttore che la gente pensa. Un uomo delizioso,
ma non attratto dalle donne…»
_ E Bukowski?
«Di lui non posso dimenticare la volta che ha spaventato Linda con un
coltello. E lei si è nascosta, terrificata e non voleva più uscir
fuori. E lui la implorava: “Esci Linda, ti prego!” E le provava
tutte, e lei niente. E alla fine: “Se esci, Linda ti sposo!” E lei
è balzata fuori come un razzo. E si sono sposati e hanno avuto una vita
felice. Ma lo sarebbero stati comunque. Anche senza il matrimonio…»
Parlava con una naturalezza così coinvolgente, la nostra coltissima traduttrice
che anche i più timidi fra i presenti le rivolgevano domande e volevano
sapere sempre di più dei suoi anni americani ruggenti e delle sue esperienze
a fianco dei grandi di quella generazione perduta che tra una sorsata (parecchie
sorsate!) d’alcol e i fumi della marijuana, si era battuta per la liberalizzazione
degli omosessuali, delle religioni, per il trionfo di ogni forma di libertà.
Scrosciavano gli applausi quasi per un suo starnuto – si fa per dire –
veniva voglia di abbracciarla, di appropriarsene, di portarla a casa con sé.
Si è emozionata molto alla fine, Fernanda, e ci ha fatto emozionare,
parlandoci della sofferta agonia di De André.
Ma ci ha salutati con una parola di speranza, lasciando affettuose dediche nel
frontespizio del suo «Un po’ di emozioni» (Fandango Libri),
nella accogliente sala, dove Antonio e Antonela Bertoli - direttore della rivista
«La Repubblica Veneta» - l’hanno con visibile gioia ospitata
ed intervistata.
GRAZIA GIORDANI