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Incontro in memoria di Felice Chilanti

E' avvenuto in un clima involontariamente felliniano - domenica scorsa in Accademia dei Concordi a Rovigo - l'incontro in memoria di Felice Chilanti, scrittore e giornalista polesano di raro talento, nato a Ceneselli nel 1914 e morto a Roma nel 1982. Nella mitica Sala degli Arazzi, la voce degli oratori era quasi sopraffatta da quella, all'esterno, di un organizzatore sportivo che incitava dei podisti alla gara: un surreale duetto che avrebbe divertito Chilanti, uomo spiritoso e controcorrente che detestava la retorica e le situazioni inamidate.
Appena ventenne, abbandonati gli studi, si era trasferito a Roma presto aderendo al mondo giovanile dei littorii, per giungere a un sinistrismo che lo portò agli anni di confino a Lipari e poi alla Resistenza, con militanza nel grupo filotroskista, nemico degli schemi, sempre pronto alla critica.
Nell'incontro di domenica hanno fatto gli onori di casa il presidente dell'Accademia Ubertone e l'assessore provinciale alla cultura Crescenzio che hanno espresso rammarico per l'assenza di Nantas Salvalaggio, impedito da sopravvenuti motivi.
Quasi onirica e venata di poesia l'esposizione di Barbiellini Amidei che ha parlato di un sogno recente in cui l'amico Felice gli è apparso nella redazione del Corriere della Sera in via Solferino e - come quando era in vita - gli ha parlato a fatica, ormai laringotomizzato, a causa della grave malattia. "Quella sua fatica nella parola - ha detto Barbiellini - sembrava il suo rifiuto a parlare nella società delle chiacchiere e dimostrava come si può parlare con un inviato e corsivista principe, anche senza le parole, bastava l'espressività del suo volto"
L'oratore ha sottolineato la qualità di Chilanti, giornalista di raro coraggio, "sempre alla ricerca della Verità, anche 'impolitica' e finissimo romanziere, caduto nel dimenticatoio anche a causa del suo carattere scomodo e schivo, mai dimentico"delle sue radici e della sua terra d'origine".
La testimonianza di Cibotto, che giocava in casa, è apparsa intimista, quasi un dialogo mai interrotto con l'Amico in una Roma abitata da Cardarelli e Comisso, sull'onda di una nostalgia per il Polesine e per il Po che Chilanti aveva spesso celebrato nei suoi scritti, ricreandone le magiche atmosfere, cantore di una bellezza, densa di malinconie. Cibotto ha ricordato, fra l'altro, il romanzo "La paura entusiasmante", definendola fra le opere pi¨ belle in assoluto del dopoguerra e ha sottolineato il suo rammarico per non essere mai riuscito a far figurare l'autore fra i finalisti di premi letterari. "Era un romantico- ha concluso - che ha sempre pagato di persona, dal Ventennio in poi"
Evocatrice di grandi suggestioni la lunga esposizione di Fidora che ha saputo ricreare l'atmosfera inquietante degli anni Sessanta e della lotta alla mafia, partendo dal ricordo di un memorabile pranzo e dei dialoghi intercorsi tra Chilanti e il boss, ormai in pensione e isolato, Nicky Gentile. Sembrava di essere dentro le pagine de"Il Padrino" di Mario Puzo, mentre venivano nomonati i pi¨ efferati protagonisti di "Cosa Nostra". Chiamato da Misticò , direttore di Paese Sera - al cadere degli anni Cinquanta- Chilanti fece le più temerarie e produttive inchieste sulla mafia, assertore di veritÓ scomode che altri cercavano di nascondere. Per suo merito venne istituita la commissione parlamentare di inchiesta sulla mafia.
Attraverso le parole di Fidora, l'uditorio ha avuto l'illusione di entrare nella fumosa redazione palermitana e di vivere l'emozione del giornalista che ha saputo sfidare "Cosa Nostra" fino alla fine, mettendo a repentaglio la propria vita.
Ha chiuso l'incontro la testimonianza di Gloria Chilanti Campus Venuti che ha parlato con affetto del grande padre, suo maestro di vita.

Grazia Giordani

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