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Telemaco Signorini e la pittura in Europa

Vanno sempre più a gara fra loro le città venete nell’organizzare mostre d’arte di coinvolgente importanza. E Padova – in quest’ottica – occupa certamente un posto di rilievo, visto che può permettersi l’apertura contemporanea di due notevoli esposizioni, tenendo conto che dal 26 ottobre ha aperto i battenti Scultura Futurista 1909/1944 in Galleria Cavour, e che continua un folto concorso di pubblico a Palazzo Zabarella per l’esposizione antologica Telemaco Signorini e la pittura in Europa.
L’alto consenso riscosso dal pittore fiorentino e dal ventaglio d’artisti che gli fanno corona, nasce dal forte tema centrale, attorno cui sa prender vita un variopinto arazzo, fitto di coincidenze e di rimandi che inducono a spontanei confronti tra il nostro macchiaiolo per eccellenza e i suoi “confratelli” impressionisti, da Degas a Tissot, Descamps, Tryon, Corot, Courbet, Roussot. Ottime le scelte degli organizzatori della mostra, voluta dalle Fondazioni Bano e Antonveneta, che hanno saputo ben disporre nelle numerose sale dell’antico palazzo opere a stretto raffronto, proprio perché gli estimatori d’arte potessero godere di istintivi paralleli, ad esempio, tra Alfred Stevens con il suo intimista “La lettura” del 1860 e la bella tela del Nostro “Non potendo aspettare” (1867), dove la lettura si fa scrittura di una lettera, vien fatto di pensare, da parte di una giovane innamorata. Il raffronto – per quanto concerne la pittura d’interni così suggestiva e densa di risvolti psicologici – si accende anche tra Tissot che ci presenta una dama contrita in “Lasciando il confessionale” (1865) e Signorini nel suo famoso “Aspettando”, concesso per la prima volta in esposizione da una delle maggiori collezioni private italiane, a quanto sembra, prima d’ora, molto gelosa di questo emblematico ritratto. “La sala delle agitate al San Bonifazio di Firenze” – che tratta il dolente tema della follia -, troverà un appropriato richiamo nell’ “Absinthe” di Degas (prestato dal Museo d’Orsay, non unico dei prestiti, visto che abbiamo potuto ammirare anche opere provenienti dall’Hermitage pietroburghese). Volutamente, non ci soffermeremo a lungo sull’ “Alzaia” (1864), perla ed icona della mostra, poiché già i critici hanno profuso fiumi d’inchiostro, sull’opera rivoluzionaria per esiti cromatici potenti, per inusitato formato, nota per intrinseca e venale valenza da cui già – nella descrizione della fatica - si deduce l’attenzione di Signorini verso i temi sociali e la realtà degli umili., delle persone che non fanno storia.
Il talento del nostro fiorentino non era nato per caso, dato che già in tenerissima età accompagnava suo padre, nella villa gentilizia di Anatolio Demidoff, impegnato a decorare il soffitto della preziosa sala principale. E nell’incipit dell’esposizione, vediamo, appunto, anche opere di Giovanni Signorini, più formali ed oleografiche di quelle del figlio, ideatore e poi estrosamente negatore di quella fatidica “macchia” che l’ha fatto essere artista europeo, viaggiatore in buona parte del mondo. Trasgressivo, spesso sarcastico, incurante delle invidiose frecciate, in contrasto con i suoi atteggiamenti di raffinato dandy, l’artista , non dipingerà mai gente dell’alta società, ma suoi modelli preferiti saranno il lattaio, le ricamatrici, le popolane, se non addirittura le prostitute, per cui vedasi Toilette del mattino che c’introduce nell’alba livida di un bordello fiorentino che tanto scandalizzò i benpensanti del tempo, ma che non fece desistere Toscanini dall’acquisto del dipinto, nonostante il disappunto della moglie, e ispirò Luchino Visconti in una scena del suo film “Senso”. Dotato di uno charme che travalica la bellezza, tombeur de femmes il macchiaiolo per eccellenza era anche cultore esagerato della giovinezza, tanto da convivere con l’adolescente Nene di cui vediamo l’emaciato ritratto di macilenta ragazzina. Deliziosi i “Bambini colti nel sonno”, angelici nel loro abbandono.
Mentre ci aggiriamo nelle sale della mostra, comprensiva di tutte le maniere dell’artista che tanta fortuna di critica ebbe in vita, sopraffatti da uno sciamare di distratti scolaretti, a stento tenuti a freno da severe insegnanti, ci vien fatto di pensare come e quanto avrebbero ispirato Signorini e stuzzicato la sua toscana ironia, completando la già esaustiva esposizione (aperta fino al 31 gennaio 2010 e forse prolungata oltre , visto il grande successo) con nuovi ritratti dal vivo, provocatori e guizzanti, veri spicchi di reale vissuto.
Grazia Giordani

Grazia Giordani

Data pubblicazione su Web: 07 Novembre 2009

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