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Annoiati e smarriti

Ascoltando in Tv - nel talk-show di Costanzo di alcune sere fa -, le dichiarazioni del filosofo Galimberti, abbiamo appreso che una delle ragioni di disorientamento della società d'oggi, trarrebbe origine dalla mancanza di "rapporto fiduciario", sarebbe a dire che - soprattutto nelle grandi città, dove si è perso il senso della conoscenza interpersonale -, la gente ha "paura", si sente isolata, con conseguente smarrimento interiore, atto a fra perdere equilibrio, provocatore quindi di atteggiamenti disturbati.
Queste affermazioni ci hanno fatto lungamente meditare e ringraziare ancora una volta il destino (la "Moira" degli antichi greci) che - se ci ha portato a vivere in luoghi un po'stagnanti e meno dotati di servizi e occasioni culturali -, d'altra parte non ci ha "disumanizzati". Da noi, in Polesine, è ancora possibile avere amicizie e solidarietà, sempre più che nelle megalopoli, regno dell'indifferenza.
Barbiellini Amidei, in un suo autorevole articolo, comparso recentemente sul Corriere della Sera, ha trattato temi simili, sempre legati al malessere sociale dei nostri tempi, concentrandoli prevalentemente sul disagio giovanile che è, purtroppo, uno degli argomenti forti, in negativo, che preoccupano la nostra società.
A prestare occasione di argomento al giornalista, è stata la morte di giovani torinesi che gareggiavano con le auto, spinte a velocità dissennata , nella notte.
"Apparentemente non erano disagiati questi ragazzi - leggiamo nell'articolo - che si sono lanciati in una sfida oltre ogni ragionevole velocità. Vogliono farsi del male in molti, quasi allegramente. C'è una odiosa hit parade dei modi, taluni quasi innocui, tal altri estremi, di farsi del male. Non c'e nulla di molto grave a torturare qualche minuto pezzo di pelle con un piercing, e non c'è irreparabile tragedia in un isolato spinello, lo fanno in tanti".
A questo proposito, dobbiamo dire che l'illustre giornalista ci appare persino troppo indulgente e permissivo nel suo voler comprendere i giovani, e aggiungiamo a nostra volta, che se un piercing non ha mai fatto morire nessuno, uno spinello, notoriamente, potrebbe essere il dannato ingresso per droghe più forti dalla cui dipendenza sarebbe poi difficile uscire.
Certo, l'escalation, il vero climax di piccoli accanimenti contro se stessi, potrebbe diventare una scala fatale e talmente sdrucciolevole da portare, chi vi deambula sopra, allo scivolone fatale. Tra i pericoli di "scivolata" in cui incorrono i giovani, non va taciuto l'inquinamento acustico che deriva dai decibel in eccesso della technomusic, di cui si fa spreco nelle discoteche. Quanti sordastri produrrà questo ossessivo fracasso?
E il disordine alimentare, a quali estreme conseguenze potrebbe portare - e purtroppo porta - una gioventù annoiata?
Bulimia e anoressia è l'addolorata risposta.
E le esagerazioni nell'uso di alcol e tabacco?
E l'avventato uso di automobili, motorini e perfino monopattini, trasformati in pericolosi proiettili?
La cronaca del sabato sera e i rapporti del pronto soccorso parlano un linguaggio di sangue da far accapponare la pelle, a noi genitori.
Il moralismo delle prediche non serve a nulla , lascia il tempo che trova.
Le radici di questo male sono profonde e certamente i sociologi non le ignorano e sanno che sono affondate in una triste realtà: l'Italia ha un primato di disoccupazione giovanile per cui 70-80 donne e uomini su cento sono costretti, per poco lavoro e per poche abitazioni accessibili, a restare più che trentenni con la famiglia d'origine.
"Sono ragazzi - evidenzia ancora Barbiellini Amidei - seriamente pronti a prendere al volo le opportunità che la tecnologia elettronica mette a loro disposizione per uscire dalle incertezze sull'avvenire. L'ultimo rapporto Eurispes ha segnalato giorni fa che il 44% dei giovani naviga su Internet per motivi di studio, contro un 31% che percorre l'autostrada informatica per i propri svaghi musicali. Altro che video giochi. Si aggrappano al computer per diventare al tempo giusto adulti dentro lo spazio solido di un posto di lavoro".
Purtroppo, il nostro è un momento storico in cui ci si va adoperando a "dare più anni alla vita, anche se spesso non si danno più vita e senso agli anni". Sarebbe a dire che la scienza si adopera a farci vivere più a lungo, ma non ha automaticamente la possibilità di migliorare la nostra qualità esistenziale.
Questa epoca che ospita nelle metropoli (quelle così stigmatizzate da Galimberti per assenza di "rapporto fiduciario" - come dicevamo all'inizio del nostro articolo) un quarto della popolazione ultrasessantacinquenne, ha una gioventù che rischia di smarrire consapevolezza di quanto valga la vita.

Grazia Giordani

Data pubblicazione su Web: 12 Settembre 2006

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