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Angelo di Dio che bello

L'Italia è talmente graziata dalle bellezze artistiche, per cui vi sono opere di raro valore a cui il nostro occhio si è ormai così assuefatto, da ignorarne la paternità. Uno degli intenti dell'esposizione patavina, aperta fino al 21 luglio, «Guariento e la Padova Carrarese», è anche ridare luce a un artista di grande talento, ricreando nel contempo il clima in cui operò, potendo così non solo rinverdire l'opera del raffinato maestro degli angeli, ma anche la filosofia dei Carraresi che, pur nella loro breve dominazione, dimostrarono quale formidabile manifesto politico potesse essere l'arte nel loro ambizioso progetto di trasformare la città in capitale. Guariento rispose perfettamente ai loro desiderata e, primo artista di corte, decorò la loro cappella privata, le loro sepolture, esaltando i valori delle gesta della loro signoria. Purtroppo, molte opere, anche veneziane, a causa di incendi, sono andate perdute.
Visitando la complessa esposizione, difficile anche perché dislocata in vari settori della città, cominciando dalla sezione centrale in Palazzo del Monte, si ha la sensazione di addentrarsi in un'atmosfera iperurania, dentro l'eterno volo di elegantissimi angeli sfavillanti d'oro, raffigurati in tutti i loro aspetti e mansioni, ora ieratici e celestiali, ora armati e pesatori di anime, costituendo il fil rouge di tutta la ricca esposizione. I contenuti assumono significanze laiche, proprio perché siamo di fronte a un artista di corte. Potremo così riassaporare il viaggio dell'artista dalla giovanile Ascensione o dalla mitica incredulità di San Tommaso, fino allo squisito Trittico di Düsseldorf, dove Guariento non è più giottesco, ma acquisisce suoi personali stilemi.
Splendida la Croce stazionale, prestata dal museo di Bassano, nell'impossibilità di trasportare a causa della fragilità un'opera analoga di maggior pregio. La mostra è in buona parte frutto di prestiti provenienti da molte parti del mondo, cone per il polittico dell'Incoronazione della Vergine, proveniente dalla Norton Simon Art Foundation, per citare uno fra tutti gli stupefacenti capolavori del Guariento.
«È la prima mostra monografica di tale portata sul pittore noto per i sui angeli, ma la cui ampiezza figurativa, l'orchestrazione delle scene e la cultura prospettica che sembra anticipare soluzioni illusionistiche saranno per molti anni sorpresa», dice Davide Banzato, curatore dell'evento, insieme a Francesca Flores d'Arcais e ad Anna Maria Spiazzi.
Fanno corona alle pitture e agli affreschi staccati del Guariento, opere di altri grandi pressoché contemporanei, fra cui Paolo Veneziano di cui ammiriamo un essenziale crocifisso, autore anche di una fulgente Madonna in trono col Bambino. Di notevole pregio l'Incoronazione della Vergine di Vitale da Bologna. Restano impresse le toccanti tavole di Nicoletto Semitecolo e i Busti di imperatori di Altichiero da Zevio, affresco staccato, proveniente dalla loggia del Palazzo Scaligero di Verona, ora Palazzo della Provincia, appartenente alla serie dei sottarchi dipinti nel settimo decennio del Trecento su commissione di Cansignorio della Scala per ornare le arcate della loggia al primo piano della residenza signorile. Così, anche opere altrimenti dimenticate, ritrovano luce. Promossa dal Comune di Padova e Civici Musei e dalla Fondazione cassa di risparmio di Padova e Rovigo, l'esposizione fa godere anche un sinuoso itinerario dentro gli spazi di una città che riassapora il suo passato più glorioso.
Grazia Giordani


venerdì 29.04.2011
Cultura & Spettacoli




Grazia Giordani

Data pubblicazione su Web: 15 Maggio 2011

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