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Lunedì 11 Novembre 2019

Grazia Giordani
LA STORIA LE MILLE PERIPEZIENDELL’ANTICA OPERA TRA ABBAZIE E PRIVATI
CENACOLO LA TELA CONTESA
L’OPERA DEL VERONESE Bonsignori, nato nel1472 ,e poi trasferitosi a Mantova, è esposta a San Benedetto Po

Da che mondo è mondo sono sempre aleggiati misteri attorno alle abbazie antiche, quasi nei vecchi ruderi si annidasse, citando Proust, «l'air du temps», ovvero quel clima del passato che lascia ombre anche nei testi degli storici più seri. Due celebri abbazie fanno da cornice alla «vexata quaestio» della tela del Bonsignori che solo ora sembra aver messo pace non solo legale, ma anche animata da ragionevoli sentimenti, tra l'Abbazia mantovana del Polirone (San Benedetto Po) e quella polesana della Vangadizza, da cui Badia (Abbadia) ha tratto il nome.Giulio Romano è l'immenso protagonista della mostra che comprende il '500 a Polirone. Ma la parte che riguarda il nostro argomento si restringe dentro l'esposizione: «San Benedetto Po, Refettorio e Basilica Polironiana 14 settembre 2019-6 gennaio 2020», perché a questa mostra Badia Polesine, dopo annose cause legali, ha concesso il prestito della contesa tela del Bonsignori.Il sindaco di Badia Polesine, Giovanni Rossi, scrive in proposito, nella presentazione del catalogo: «Grazie al ritrovato dialogo tra amministratori, ad un grande lavoro sinergico (...) è stato possibile attuare un progetto che sino a pochi anni prima non si sarebbe potuto nemmeno immaginare. Il Cenacolo è ritornato, seppur provvisoriamente, nel luogo dove era stato pensato».Il critico Paolo Bertelli, rifacendosi ad altri accreditati storici, con larga riflessione su Paolo Piva e sul Vasari, ci ricorda come Girolamo Bonsignori sia nato a Verona nel 1472, trasferitosi a Mantova nel 1506, anno della morte del Mantegna, dipinse varie opere di valore su commissione di Francesco II Gonzaga. Divenuto frate, recandosi a Milano, ebbe la possibilità in Santa Maria delle Grazie di copiare il dipinto di Leonardo.Tornato a Mantova ebbe la soddisfazione di vedere il suo Cenacolo esposto nel refettorio della basilica. Per brevità non ricordiamo nemmeno altre opere dell'autore, in gran parte andate perdute, e nemmeno sottolineiamo le varianti pittoriche rispetto all'opera di Leonardo.Nel 1790 cominciano i primi "viaggi", seppur restando in loco, della martoriata tela che viene spostata dal refettorio nella nuova biblioteca monastica. Il 9 marzo 1797 l'abbazia veniva soppressa e nel corso della seconda dominazione francese, il dipinto venne asportato. Pare fosse stato comprato da Monsieur d'Espagnac ed esposto a Sassuolo nella sua casa di villeggiatura. Interessò anche al viceré d'Italia Eugène de Beauharnais. Nel 1872 venne segnalata a Parigi dove nel 1847 venne posta all'incanto in un'asta realizzata presso l'hotel di rue d'Aguesseau. Resta a Parigi fino al 1915, quando viene segnalata nelle collezioni di C.A. Demarzit Sahuguet d'Espagnac. Certamente la tela venne notificata dallo Stato italiano a Badia Polesine nel 1927 nell'Abbazia della Vangadizza dove giunse in quanto alla proposta dei d'Espagnac. Qui era insieme ad altri beni mobili, collocata nell'antico refettorio, piegata ai lati per oltre 25 cm totali. Dai d'Espagnac l'irrequieta tela passò al conte Michel de Rostolan. I suoi eredi la cedettero nel 1980 alla società "Diarca" dei fratelli Bonetto di Menà di Castagnaro (VR). Nel 1981 un incendio danneggiò fortemente la sofferta tela. Il dipinto fu portato a Verona per un primo intervento di restauro e dicono si siano aperte trattative per 100 milioni d lire da parte dello Stato. Dopo accurato restauro, per mano di Paolo Mora e Laura Sbordoni, la tela venne presentata all'Accademia dei Concordi di Rovigo.Dopo lunghe e battagliere cause legali, la tela fu assegnata all'Amministrazione Comunale di Badia, decisa nel 1985 ad acquistare la Vangadizza e il Cenacolo. Cenacolo che ora è dato in prestito a San Benedetto Po per l'esposizione più sopra descritta. Da cui si desume che non solo i Santi possono diventare martiri, persino alle tele che li rappresentano è data questa possibilità.

Grazia Giordani

Data pubblicazione su Web: 11 Novembre 2019

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