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Gli italiani? I più insoddisfatti del mondo

Da un’inchiesta del Censis si apprende come aumenti la nostra insoddisfazione nei confronti della qualità della vita e quindi – verrebbe automaticamente da concludere – nei confronti della nostra felicità. Certo questa è un’indagine globale, quindi non sappiamo se il Polesine segua pedissequamente questa linea e se anche da noi spiri questa brezza di scontento.
L’indagine Censis è stata condotta su 40 paesi, compresi Cina e Filippine e gli italiani sono risultati i più infelici del mondo, contrapposti agli svizzeri che brillano per maggior felicità.
La ricerca, realizzata nel 2003 e presentata a Roma in questi giorni, nell’ambito delle manifestazioni per il «mese sociale», non ha la pretesa di identificare una felicità di tipo esistenziale, perché il discorso si farebbe tortuoso e complesso – inducendoci a scomodare troppa filosofia in merito -, ma intende piuttosto verificare la coesione sociale, quantificando il livello della protesta, ovvero il lamento per tutto ciò che non funziona. A questo punto sarebbe anche inevitabile chiedersi se siano gli italiani incontentabili o se veramente la nostra nazione sia quella che risponde in modo peggiore alle aspettative dei connazionali, ma ci imbarcheremmo in problemi di lana caprina, quindi accontentiamoci di quello che, al riguardo, ci riporta la stampa nazionale.
Sembra dunque che la percentuale di insoddisfazione in Italia, rispetto agli altri Paesi, sia del 26,4 per cento, contro una media del 18,7 e che il malcontento è più alto nel Nord-Ovest, nei grandi centri urbani, tra le donne e le persone con bassa scolarità.
Tra gli svizzeri, solo il 3,6 per cento si dice insoddisfatto, seguito dal 7,8 degli statunitensi, seguito a ruota dagli austriaci, giapponesi e inglesi.
Insomma, noi del Bel Paese, in fatto di felicità sociale, siamo il fanalino di coda.
Da dove nasce il nostro scontento? Sono circa 7 milioni e mezzo gli italiani che indicano come principale preoccupazione lo stress dovuto alle crescenti responsabilità nel lavoro, alle preoccupazioni per la salute e la previdenza pubblica. Sarebbe a dire – secondo gli esperti – che gli italiani sentono aumentare le responsabilità personali con un senso di solitudine generale e d’insicurezza sociale dove si tende a scaricare tutto sulle famiglie in difficoltà».
Ma la famiglia, secondo il 65 per cento degli italiani, è troppo sola e non viene aiutata dalle istituzioni nel momento del bisogno. La società italiani sta cercando nuove forme di coesione, visto che sicurezze e garanzie brillano per assenza e grande latitanza.
Protagonista di queste «nuove forme», la famiglia con la sua tradizionale rete di assistenza. Un’ alta percentuale degli italiani pensa quindi che sia compito dei figli adulti prendersi cura dei genitori, contro l’opinione corrente negli altri Paesi. Oltre il 50 per cento degli italiani abita a non più di 15 minuti dalla casa di mamma, comodità sconosciuta nella maggior parte degli altri paesi, questo anche perché il “mammismo”, inteso come reciproco grande attaccamento mamma-figlio, in altri luoghi del mondo non è così fortemente sentito, al punto che i figli nostrani sono propensi a rivolgersi ai propri genitori, in caso di necessità, mentre all’estero gli usi sono differenti. E anche i nonni, da noi, continuano ad avere grande peso affettivo. Inoltre, amicizia e solidarietà da noi sono voci ancora molto presenti e socialmente sentite.

Grazia Giordani

Data pubblicazione su Web: 12 Settembre 2006

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