Articoli e servizi culturali


Déco, vent'anni di eleganza

Rovigo è una piccola città - se la confrontiamo ai centri importanti del Veneto, ricchi d’arte e di attrazioni turistiche di allettante spessore - eppure va prendendo luce, in questi ultimi anni, proprio dall’intelligente scelta del fortunato filone di mostre d’arte d’estremo interesse, volute dalla sinergia della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo con Accademia dei Concordi e della Regione Veneto con il Comune e la Provincia.
Dopo il successo ottenuto dall’esposizione intitolata a Mario Cavaglieri, il geniale artista rodigino, emigrato in Francia, cantore di un mondo aristocratico e blasé e dopo aver indagato gli anni della Belle Epoque (1880-1915) con il suo clima di spensieratezza felice, ora è la volta dell’ Art Déco (1919-1939) che - curata da Dario Matteoni e Francesca Cagianelli, diretta da Alessia Vedova, è aperta al pubblico a Palazzo Roverella dal 31 gennaio fino al 28 giugno 2009.
Il termine Art Déco, abbreviato in Déco, fu coniato negli anni Sessanta quale ricapitolazione critica di un gusto o per meglio dire di una tendenza che aveva segnato il tempo a cavallo tra i due conflitti mondiali. Se non troviamo nelle espressioni artistiche di questi anni unicità di tema ed ispirazione, nella stessa misura di quanto è avvenuto per l’arte impressionista o post impressionista o per l’arte neoclassica, qui incontriamo invece un anelito verso il moderno, caratterizzato da differenti sfaccettature e l’ansia di riscoprire la consolazione di una bellezza avulsa da ideologie, capace piuttosto di sposare il piacere con la funzionalità.
Il lodevole intento della mostra rodigina è anche quello di dare una colorazione nuova all’esposizione al pubblico, offrendo un inedito fil rouge volto a privilegiare la pittura – senza dimenticare la scultura – proprio perché ruolo primario appare essere quello della decorazione proiettata nel moderno. Ad esser sofistici ed ipercritici, si potrebbe anche eccepire che il “grande calderone” in cui confluisce il Déco della bella mostra rodigina contiene anche elementi con caratteristiche di mera contemporaneità. Basterebbe ammirare le significative sculture di Libero Andreotti, per persuadersi che con Déco in senso stretto non ha troppo da spartire.
Protagonista, ancora una volta, in questa esposizione, ci appare essere la donna, addirittura scelta come icona della mostra nello sfavillante ritratto di Wally Toscanini che Alberto Martini ha visto quale un’imperativa regina di Saba, superornata, fulgente di perle. Ammiriamo, inoltre, un primaverile nudo di Guido Cadorin che campeggia su uno sfondo fiorito, (stranissima la particolarità di esser “tempera su “eternit”, materiale ai giorni nostri demonizzato); ecco la «Soubrette» di Camillo Geranzani; l’aristocratica «Signora» ritratta da Marcello Dudovich; l’esotica giapponese di Anselmo Bucci; l’altera «Signora con pelliccia» di Piero Marussig e ancora il conterraneo Mario Cavaglieri, questa volta con la sua eterna musa Giulietta “en coulotte de cheval”. Fanno bella mostra di sé le donne di Coco Chanel, la mitica Mademoiselle, regina d’eleganza e quelle del fastoso Poiret «Le Magnifique». Puntuale l’intervento della curatrice Francesca Cagianelli nel sottolineare la diversità della visione femminile che va da «quella essenziale e un po’ mascolina, a quella che sembra volersi ispirare alle baiadere e che tanto ama gli atteggiamenti teatrali». Come a dire che il Déco è un grande contenitore di idee e tendenze pronte a formare un arazzo che – pur nella diversità delle tinte – compone una globalità viva e interessante..
«Spirito del tempo», lo ha, fra l’altro, acutamente sintetizzato Matteoni, cocuratore della mostra. Quindi, non solo le consuete arti applicate sono state considerate ed esposte in questa mostra, ma piuttosto si è dato spazio al figurativo, non dimenticando però le porcellane di Giò Ponti (magnifico per lo squillante colore il vaso campito in rosso pompeiano!) per Richard Ginori e i vetri di Vittorio Zecchin.
Nelle undici sezioni di Palazzo Roverella godiamo le espressioni artistiche di Galileo Chini, Aristide Sartorio, Arturo Martini, Elisabetta Chaplin, Primo Conti, Ferruccio Terrazzi, Thayaht, Depero, Umberto Brunelleschi, Balla, Prampolini, Filla, Djugheroff, incantati dai metafisici tra cui brilla Casorati, pieni di ammirazione per l’originalissimo Sironi, soffermandoci su Campigli, Libero Andreotti, Romano Romanelli e Duilio Cambellotti, senza dimenticare Ram (pseudonimo di Ruggero Alfredo Michaelles) con un trittico luminoso ed essenziale.
La donna è poliedrica, in questa sua corsa verso la modernità, può indossare sinuosi boa di pelliccia o mostrare provocatorie acconciature alla garçonne, emulando un mondo androgino, ma si sa che il suo intento è quello di una nuova sensualità che si è liberata delle ottocentesche crinoline e sa guardare avanti, pur avendo ancora un lungo cammino da percorrere
Grazia Giordani.
Pubblicato lunedì 2 febbraio 2009 in Arena e Bresciaoggi

Grazia Giordani

Data pubblicazione su Web: 02 Febbraio 2009

Torna all'indice degli Articoli