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Conversazioni sul tempo Lezione terza Marcel Prous e "il tempo della memoria"

CONVERSAZIONI SUL TEMPO
Lezione terza
Marcel Proust e “il tempo della memoria”

(1871-1922)

Marcel Proust nasce il 10 luglio 1871 a Auteuil (Parigi) nella casa degli zii materni Weil. I padre, Adrien, medico affermato, aveva sposato Jeanne Weil, originaria di una famiglia ebrea di Metz.
Proust è una ragazzino cagionevole, ipersensibile e quindi iperprotetto dalla madre da cui dipende in maniera morbosa ed eccessiva.
Consegue la maturità classica con il primo premio d’onore, tanto è eccellente nelle discipline umanistiche.
Entrano alcune donne nella sua vita, sebbene eccessive raffinatezze pongano presto in luce la natura sessualmente ambigua del futuro scrittore.
Dal 1890 frequentò assiduamente gli ambienti mondani dell’alta società parigina i cui personaggi saranno effigiati nella sua opera.
Esordì su riviste legate all’ambiente simbolista . Dopo la morte della madre (1905) precipitò in una drammatica crisi, abbandonò la vita brillante e scelse di vivere in una sorta di clausura volontaria, in un appartamento di boulevard Haussman, dove fece applicare alle pareti del suo studio pannelli di sughero per proteggersi da ogni rumore. Chiuso nel suo eremo, compose la Recherche il cui primo volume pubblicò – a sue spese – nel 1913. Dal ’19 al ’22 l’editore curò l’edizione delle successive tre parti. Le ultime tre uscirono postume dal ’23 al ’27.
Nel ’19 ottenne il Premio Goncourt, a tutt’oggi il maggior premio letterario di Francia. Morì a Parigi nel ’22, mentre era in corso di pubblicazione il suo capolavoro.
Sotto il profilo personale, il 1894 è un anno di amorosa importanza per Proust che – nell’estate è invitato da Mme Lemaire al castello di Révillon dove incontra Reynaldo Hahn, un giovane musicista ebreo proveniente da Caracas, col quale inizia una lunga amicizia. In seguito – divenuto amico nell’autunno di Lucine Daudet (figlio dello scrittore Alphonse) -, incorre in una breve rottura con Reynaldo.
Si occupa attivamente dell’ affaire Dreyfus, recandosi personalmente da Anatole France, per ottenere la firma dello scrittore al manifesto degli intellettuali che richiede la revisione dell’iniquo processo. Sempre ritornando agli affetti “anomali” di Proust, entra nella sua vita Alfred Agostinelli, prima come chauffeur e poi come dattilografo. Un amore tragico, questo, poiché il bel giovanotto – nel 1914 – perisce ad Antibes, sulla Costa Azzurra, mentre si esercitava al volo su un aereo da turismo. Proust attraversa una grave crisi di sconforto per questa morte.
La vita – sotto il profilo delle perdite dolorose – non è stata eccessivamente generosa con lo scrittore, minato anche da gravi attacchi d’asma.


Nella Recherche du temps perdu , nata da una singolare ed acutissima indagine della propria memoria e da un enorme sforzo di raffinamento stilistico, non è difficile trovare il prodotto di uno spirito inquieto e finissimo che – nel doloroso fissaggio di tutto un mondo evocativo – scopre la verità delle cose in ogni istante goduto della vita e dove la narrazione in prima persona svolge la rielaborazione del ricordo e la memoria scopre o riscopre la realtà cogliendo il significato del tempo. Perfetta anche per struttura letteraria e vastità di interessi intellettuali e culturali, l’opera di P. si pone ai vertici dell’esperienza narrativa del Novecento.
L’opera è composta da sette libri: Dalla parte di Swann, La parte di Guermantes, All’ombra delle fanciulle in fiore, Sodomia e Gomorra, La Prigioniera, Alberatine scomparsa, e Il tempo ritrovato.
Nella prima parte di Du côté de chez Swann, l’io narrante e autobiografico rievoca la propria infanzia nel paesino di Combray, soffermandosi soprattutto sulle figure femminili della sua famiglia (la madre, la nonna, la prozia Léonie, la domestica Françoise) e sull’amico Charles Swann.
La seconda parte del romanzo rievoca la complessa passione di Swann per l’ex cocotte Odette de Crécy, divenuta in seguito sua moglie.
Nella terza parte hanno luogo le vicende dell’amore del narratore per Gilberte, figlia di Swann.
In À l’ombre des jeunes filles en fleur il narratore, in età giovanile, si reca a Balbec, spiaggia di moda sull’Atlantico, dove rimane attratto da varie ragazze, ma soprattutto da Albertine. Nella località balneare conosce il coetaneo Albert de Saint-Loup e suo zio il barone di Charlus.
In Le côté de Guermantes, il narratore si trova a Parigi, dove abita in un appartamento del palazzo dei Guermantes, una famiglia aristocratica, conosciuta nel periodo dell’infanzia. Si innamora della duchessa, ma nel servizio militare a Doucières, ritrova Saint-Loup, conoscendone l’amante. Nel frattempo rinsalda l’amicizia con Albertine.
In Sodoma et Gomorra, appare per l’ultima volta Swann minato dal cancro. L’azione si svolge a Parigi, Balbec e La Raspetière. Si racconta l’amore omosessuale del barone di Charlus per un violinista e l’esordio dell’amore del narratore per Albertine, la quale sta vivendo un’esperienza omosessuale.
La vicenda dell’amore per Alberatine è narrata ne La prisonnière, postumo e in Alberatine disparue o la fuggitive. Il narratore è divorato da una gelosia e da una passione angosciante che provocano la fuga e la morte accidentale della ragazza. Successivamente il narratore ritrova Gilberte che sposa Saint-Loup.
Il ciclo si conclude con Le temps retrouvé (1927 postumo) dove il narratore rievoca la sua infanzia con Gilberte, delusa dalle infedeltà del marito, anch’egli omosessuale. A Parigi, durante la guerra, si svolgono altre sordide vicende di Charlus, mentre muore Saint-Loup. Infine, nell’immediato dopoguerra, il narratore si ritrova ad un ricevimento dei Guermantes. Non riuscendo quasi a riconoscere i vecchi amici, mutati dal tempo, decide di recuperare le emozioni del passato, scrivendo la Recherche.
Questo intrico di destini, questo proliferare beau désordre amoroso, non privo, anzi carico di simmetrie e parallelismi tra i vari «cicli», è al tempo stesso causa ed effetto del romanzesco proustiano.
Leggendo le pagine proustiane, non tarderemo a vedere come nel mondo incontaminato dell’infanzia esisteva il vero «regno felice» per l’autore «Era il regno – scrive Pietro Citati - dove nulla aveva segreti per nulla, dove il cielo era in fondo ai fiumi, il sole lungo i muri; e le farfalle, uscite non si sa da dove, tra i fiori, battevano le loro ali blu o bianche o nere dagli occhi di fuoco. Sotto quel segno celeste tutto dava gioia: il vivo splendore della mattina destava tante speranze, i primi freddi dell’inverno tanta gaiezza, il chiarore lungo e dorato delle cinque, sebbene giungesse sul banco di una noiosa aula di scuola, riempiva di fascino».
L’episodio commentatissimo e famosissimo della madeleine (pp.54-59) va interpretato correttamente come una trouvaille psicologico-esistenziale e come espediente narrativo. Proust contrappone alla memoria volontaria (o «memoria dell’intelligenza») la «memoria involontaria», che agisce spontaneamente, per caso. In quanto trovata psicologico-narrativa, ognuno di noi ha provato, dopo la lettura proustiana, che un odore, un sapore, una sensazione insomma possono rievocare con tutto il suo contorno, una sensazione analoga del passato.
Va quindi sottolineata l’importanza della memoria non sollecitata, ma involontaria, quale strumento atto ad evocare i nostri ricordi inconsci, ricchi di quella realtà “essenziale” del nostro passato che non ci era stato dato di cogliere nel momento in cui lo si viveva, mediante quella memoria che appare improvvisamente con le intermittenze del cuore -, come un’illuminazione e colpisce la sfera inconscia e le sue profonde pulsioni, rendendo vivo il passato. La restituzione del passato raggiunge la perfezione attraverso la parole e l’arte, capace di fissare fuori del tempo le diverse sensazioni. L’arte, in assenza di altri valori, è l’unica possibilità di salvezza per l’uomo, condannato alla solitudine e alla perdita.
La filosofia dell’intuizione, e in particolare la concezione del tempo come durata, ebbero un immediato riscontro sulla produzione culturale del primo Novecento. Henri Bergson (premio Nobel nel 1928), fu in parte ispiratore della filosofia proustiana, contrapponendo al concetto di tempo, quello di ‘durata’: con questa categoria metteva in risalto la presenza contemporanea – nella dimensione interiore – del passato e del presente, opponendola alla successione temporale derivata dall’analisi dei soli dati empirici, che collocano un prima e un dopo in un ordine rettilineo ben determinato. Nella filosofia di Bergson la valorizzazione della ‘coscienza interiore’ è legata al problema della conoscenza. I significati più profondi della realtà verrebbero colti non attraverso la ragione, soggetta alle leggi della logica, quanto attraverso l’istinto che, al suo grado più alto, diventa ‘intuizione’. Tramite l’intuizione può essere penetrato il divenire stesso della realtà. L’arte dunque diventa una delle manifestazioni più eccelse dell’intuizione, in quanto capace di restituire l’ ‘anima’ celata all’interno delle cose molto più a fondo di qualunque digressione scientifica o riproduzione fotografica.
Dopo l’intervento miracoloso della madelaine appare (pp.59-227)«CombrayII», questo paese un po’ triste (come è in realtà Iliers), scuro (per le pietre nerastre di cui son fatte le sue case) e ventoso e appaiono via via i personaggi che poi vedremo nel libro: Odette, Bloch, Françoise, Charlus, Legrandin, ecc.
E’ estremamente significativo e sorprendente che uno dei maggiori pensatori del nostro secolo, Martin Heidegger, qualche anno prima di scrivere la sua opera principale Essere e tempo, in una conferenza sul «Concetto di tempo», si richiamasse espressamente ad Agostino per tematizzare il tempo e costituire un primo abbozzo della sua filosofia («E’ in te, spirito mio, che misuro il tempo»). Partendo da questa premessa agostiniana, Heidegger poteva scrivere che «l’esserci (cioè l’uomo), compreso nella prospettiva della sua possibilità di essere più estrema, è il tempo stesso e non è semplicemente nel tempo».
Eco della filosofia bergsoniana, il tema del tempo e della memoria è dunque il cuore dell’opera proustiana. La memoria infatti consente di recuperare il passato, altrimenti condannato a una inesorabile consumazione e contribuisce a strutturare l’identità dell’io e della coscienza, in un tempo in cui cadono i valori della tradizione e della società

Il tempo proustiano non è solo geometrico, ma anche musicale.
Il tempo, il tempo ecco la parola che da ogni pagina del monumento proustiano sale a noi per riassumere il succo, per annunciare il valore segreto, qualunque sia la natura del Ricordo risuscitato. Il tempo, il tempo, riconferma l’autore, ecco il problema che mi ha dato vita di scrittore, e forse mi ha tolto anticipatamente quella di uomo. Dopo quasi tremilasettecento pagine, vive unicamente della sostanziale istantaneità degli avvenimenti, e della rigorosa individualità delle persone, ecco, verso la fine, in connessione con la raffigurazione cosciente della importanza del sogno, compare per la prima volta inaspettato il Tempo con la maiuscola. Riappare poi saltuariamente, ma con frequenza crescente, sino alla fine, per concludere poi l’opera: il Tempo, un personaggio.
Tempo semantico (tempo psichico) e tempo sintattico (tradizionale).
La dissociazione tra il ritmo delle immagini e quello dei sintagmi impone una scelta. Chiarire gli elementi di un passo, a costo di sacrificare il tempo e la velocità del loro succedersi. Es: dialogo con Albertine: «Tutti questi rumori dal di fuori vi disturberanno: io li adoro, ma voi che avete il sonno così leggero?»
«Niente affatto, piacciono anche a me, perché so che piacciono anche a voi».
In realtà fra domanda e risposta passano sette pagine di considerazioni sul sonno, che hanno la loro giustificazione non nella insindacabile sovranità dello scrittore e della sua ispirazione, ma in una opposizione obiettiva: per essa, di fronte al potere miracoloso del tempo psichico (cioè della sfera semantica) di condensare in un intervallo insignificante fra una domanda e una risposta di tal natura, una fiammata di immagini e di intuizioni, sta la grammatica che, se vuole essere esauriente, deve distendere nel tempo sintattico suo sette pagine.

La Recherche è un romanzo sterminato, fondato è vero sulla «memoria involontaria», come principio propulsore, ma retto da una «memoria compositiva» che è strettamente legata alla memoria nel senso comune del termine eccezionale che notoriamente Proust possedeva.
GRAZIA GIORDANI


Grazia Giordani

Data pubblicazione su Web: 22 Febbraio 2009

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