I racconti di Grazia


Il muro

I muri veneziani hanno un “colore” del tutto particolare. Voi direte: che differenza fa con un muro napoletano o viennese o parigino? Moltissima. So bene che calce e pietre, alla fin fine si somiglieranno tutte, ma è l’aria, lo spirito della città che leviga i muri, si insinua dentro i pori, le fessure, patinandoli di una veste unica che non riguarda solo l’intonaco o la tinteggiatura. È qualcosa di intimo che non salta agli occhi: bisogna saperlo vedere.
Mi ha sempre creato emozione percorrere a piedi – ignorando il conforto dei vaporetti – quel tratto che dalla stazione ferroviaria porta al ponte di Rialto o a Piazza San Marco. Dopo aver sbrigato le pratiche che mi avevano condotto nella città più incantevole del mondo (ville de rêve la definiscono i francesi), percorrendo, con più calma, il tragitto inverso, spinta dall’afflusso dei turisti dentro una calle talmente stretta che sembrava soffocarmi, sono sbucata in un campiello che non conoscevo.
Sembrava magico, sorto all’improvviso, fuori dalla mandria dei visitatori: una specie di nicchia inviolata. Mi ha subito affascinato quel muro. In apparenza non presentava nulla di particolare: qualche ciuffo d’erba selvatica allo zoccolo; una fenditura oblunga, dentro cui aveva preso dimora una fanghiglia secca; una scritta oscena, orfana di consonanti doppie (si sa che i veneti non le pronunciano!).
In apparenza, nulla di diverso dai muri di Mantova, Amsterdam o Berlino.
Eppure – credetemi – ho sentito l’amore che aveva toccato quella parete.
È stato come se vedessi il primo bacio di quella ragazzina in jeans che avevo incontrato poco prima, vicino all’attracco, quella con un musetto spiritoso e i libri sotto il braccio. È stato come se sentissi i gemiti di quegli amanti seduti sotto il pergolato del piccolo ristorante (una scena all’ Anonimo veneziano; ricordate il film strappalacrime?). Sono certa che baci ingenui e carezze disperate avevano lasciato un’impronta indelebile in quel muro che ora aveva deciso di raccontare, di rendermi partecipe.
Peccato che la sua voce si sia persa fra gli escrementi di cane e le macchie d’urina.

Grazia Giordani

Data pubblicazione su Web: 18 Aprile 2006

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