I racconti di Grazia


Pelle di ramarro

Le si erano appiccicati sulla fronte i riccioli bagnati di sudore, come piccoli bruchi pelosi sul candore della pelle, mentre scuoiava con gesti pignoli il grasso ramarro e lo separava dal suo verdissimo, sgargiante vestito. Pregustava la gioia di seccarne la pelle al sole e - dopo suoi segreti trattamenti - ne bordava quaderni o piccoli libri.
Aveva fronte molto alta, capelli foltissimi e ricci pettinati a palla, naso breve e lentigginoso, sguardo mite da cane fedele, dietro le spesse lenti modello Giorgio Washington.
Era snella, di statura modesta.
Dall’asilo al liceo fummo compagne di scuola. Non brillava in niente, eppure non era mediocre. Si aveva la sensazione che avrebbe avuto bisogno anche lei di essere scuoiata, messa a nudo, come il ramarro.
Con pazienza, si sarebbe potuto trovare il suo cuore.
Non avevo mai approvato la sua morbosità nei confronti degli animali. Non li detestava, non li amava, non ne provava ribrezzo ; li scuoiava o sventrava con la curiosità dell’anatomopatologo.
Stette un pomeriggio, dietro un cespuglio acquattata, per vedere una serpe d’acqua ingoiare un rospo. Il passaggio del malcapitato anfibio dentro il corpo del rettile, in lenti, convulsi sussulti, la affascinava, agiva su di lei come un’ipnosi.
Spesso pescavamo nel piccolo laghetto del suo parco, affogato tra il verde, increspato da lievissima brezza. La gioia di mettere i rossi vermi nell’amo la faceva sorridere piano, di un enigmatico sorriso interiore. Mi era molto affezionata e anch’io le volevo bene, ma sentivo di non entrare nel suo mondo.
Dividevo con lei la gioia di passeggiate tra il verde, di libri letti a quattrocchi, ma non riuscivo ad entrare nella sua diversità. Non le si conosceva un ragazzo, traeva più piacere dall’accarezzare il suo setoso gatto biondo, o dallo spiare il pigro viaggio bavoso delle lumache, che dall’accettare l’invito ad un ballo o ad un pic- nic.
Gli studi ci separarono : lei lingue orientali a Napoli, io giurisprudenza a Bologna.
“Grazia, sei tu ?”
Dopo anni sentii la sua voce un po’ opaca, velata, parlarmi di spalle.
Sì, ero io e lei era lei, pur non essendo più quella goffa ragazza introversa ed incolore. I suoi capelli erano schiariti da colpi di luce, elegantissimi occhiali sostituivano quelli alla Washington, il maquillage era sapiente, discreto il profumo, l’abito ben scelto.
La sua borsetta di velluto aveva un bordo di pelle di ramarro.
GRAZIA GIORDANI

Grazia Giordani

Data pubblicazione su Web: 26 Gennaio 2011

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