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L'Harem e l'Occidente
di Fatema Mernissi, Giunti

DESCRIVIMI IL TUO HAREM E TI DIRÒ CHI SEI
"Descrivimi il tuo harem e ti dirò chi sei" sembra essere l'interrogativo martellante che vibra dentro "L'Harem e l'Occidente" - il saggio della sessantenne maghrebina Fatema Mernissi, docente di sociologia all'Università Mohamed V di Rabat -, che Giunti ha portato in Italia nella traduzione di Rosa Rita D'Acquarica.
"Altro che oasi di piacere e voluttà - specifica la provocatrice saggista - l'harem era un luogo dove anche una donna acquisiva ed esercitava potere". Di conseguenza va sfatato il mito dell'harem, vagheggiato dall'immaginario degli uomini occidentali, tesi ad associarlo a luogo di piccanti delizie, quasi un "festino orgiastico in cui gli uomini sperimentavano un autentico miracolo: ottenere il piacere sessuale senza difficoltà o resistenza da parte di donne da loro ridotte in schiavitù", ignorando - precisa la Mernissi - che invece "negli harem musulmani gli uomini si aspettavano dalle donne schiavizzate una feroce resistenza e la volontà di sabotare tutti i loro progetti di piacere".
Dunque, dovunque vivano, gli uomini portano dentro le loro fantasie un harem personale e cercano di viverlo in una dimensione di sogno, a seconda delle loro pulsioni e della loro capacità di immaginare.
Basterebbe contemplare con attenzione i dipinti, nati dalle fantasie erotiche di artisti occidentali (vedi Ingrès, Picasso, Delacroix e Matisse), che hanno riprodotto harem in maniera ossessiva, popolati da burrose ed inerti odalische. La stessa ossessione pittorica ha animato anche gli Orientali - dalla Persia alla Turchia, fino all'India dei Mogol -, magnifici miniaturisti. Ma gli esiti rappresentati sono addirittura opposti: statiche e molli nell'attesa, quasi dormienti e languidamente abbandonate, le innocue bellezze riprodotte da pennelli occidentali; odalische battagliere, armate e in pericoloso dinamismo, atte a stravolgere e strapazzare l'uomo, amazzoni di destrieri e leoni, quelle espresse dal pennello orientale.
Quale enigma si nasconde dietro questo opposto risultato rappresentativo?
"Gli occidentali - chiarisce la saggista - si sono impadroniti dell'immagine di donna prigioniera e voluttuosamente in attesa del califfo-uomo. E soprattutto passiva. Tutto il contrario di quello che avveniva realmente negli harem, dove le schiave sapevano cantare, ballare, recitare versi. Più erano colte, più avevano la possibilità di diventare le favorite del sultano. Inoltre l'harem non ha nulla a che vedere con il piacere come si pensa in Occidente. O in America, dove tutto è basato sul denaro perché dà il potere e quindi anche il piacere".
Già autrice del romanzo autobiografico "La terrazza proibita" (Giunti), la Mernissi ribadisce il concetto di harem nella civiltà orientale, sottolineando: "È uno spazio oltrepassato il quale bisognava velarsi. Ma lì ho capito come funzionavano i giochi di potere". Quello era il luogo delle supremazie, il teatro del "combattimento"in cui le donne si destreggiavano per avere maggior potere sull'uomo, ma anche contro di lui negandoglisi per dispetto, pronte anche al tradimento.
"Se credete che l'harem, come forma di potere maschile ,sia solo una prerogativa dell'Oriente, vi sbagliate di grosso. Cambia solo la forma dell'harem,ma la sostanza è la stessa. Nell'Islam harem è spazio; in Occidente tempo. A cosa mi riferisco? Alla bellezza della gioventù. Nella vostra società a un'attenzione quasi ossessiva all'aspetto e alla bellezza e questa è una costrizione spaventosa".
Continuando il suo viaggio, non privo di ironie, dentro la cultura dell'amore occidentale ed orientale, l'autrice - più che risolvere l'enigma - lo potenzia gravandolo di nuovi interrogativi, chiedendosi se gli occidentali abbiano saputo tessere fra il sesso e la paura un intreccio più armonioso di quanto non abbiano saputo fare i musulmani, e si chiede anche se l'uomo d'Occidente, dispiegando la propria potenza tecnologica, abbia progredito nel controllo delle proprie paure e quindi nell'amore verso la sua compagna di letto.
Ma il dilemma resta, il dubbio non viene esaurientemente risolto, perché quando entrano in campo le emozioni, e fantasia e realtà giocano un ruolo forte, il problema si fa arduo: non siamo di fronte ad un problema di matematica: i dubbi legati all'emotività restano tali e risolvibili solo caso per caso, non certo leggendo un manuale.

Grazia Giordani

Data pubblicazione su Web: 12 Settembre 2006

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