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Perché non sono cristiano
di Bertrand Russell, Longanesi

Il libero pensiero di Bertrand Russell sull’etica e la fede
Dal 1960 ad oggi è arrivato alla decima edizione italiana Why I Am not a Christian, titolo originale di “Perché non sono cristiano”, il saggio best seller di Bertrand Russell che ora Longanesi” (pp.221, euro 14,60) ci ripropone tradotto da Tina Buratti Cantarelli, con appendice di Paul Edwards, impreziosito dall’acuta introduzione di Piergiorgio Odifreddi. Paragonato ad Einstein e a Freud per la sua ricchezza e varietà di intuizioni, Bertrand Russell (1872-1970) affronta globalmente il discorso sull’etica e sulla fede nel suo saggio più noto e controverso, con la forza polemica che gli è propria, sottolineando la sua mai smentita posizione di libero pensatore.
Non dobbiamo dimenticare che Russell, oltre ad essere stato filosofo, matematico e scrittore, insegnante a Cambridge da cui fu allontanato a causa delle sue idee pacifiste, e quindi riaccolto dopo una parentesi di insegnamento americano, premio Nobel per la letteratura nel 1950, fu anche impegnato nelle principali battaglie civili, dando vita al “Tribunale Russel” del 1966 contro i crimini di guerra americani nel Vietnam.
“Penso che tutte le grandi religioni del mondo – buddismo, induismo, cristianesimo, islamismo e comunismo – siano, a un tempo, false e dannose. A rigor di logica, poiché contrastano fra loro, non più di una dovrebbe essere quella vera.” Già sentiamo in nuce quale sarà l’assunto del saggista, leggendo in prefazione all’opera questo suo sintetico e lapidario pensiero sostenuto dalla persuasione che il mondo necessiti di “menti e di cuori aperti, non di rigidi sistemi, vecchi o nuovi che siano”. Il filosofo si dice convinto che non siano gli argomenti speculativi a spingere gli uomini a credere in un Dio, ma che molti vi credano solo perché non sanno liberarsi dagli insegnamenti appresi nell’infanzia, visto che l’uomo è indotto a credere in Dio per bisogno di sicurezza e di protezione.
Russell non esita a sottolineare come “il timore sia fondamento della religione, ovvero la paura dell’occulto, dell’insuccesso, della morte”. E vede uno spiraglio salvifico nella scienza che “può aiutare l’umanità a superare questa vile paura nella quale ha vissuto per tante generazioni”. Quindi il filosofo ci esorta a non avere paura del mondo che va conquistato con umana intelligenza, con autoconsapevolezza ed autostima, alieni da inutili rimpianti del passato. “Occorre sperare nell’avvenire – dice - e non voltarsi a guardare a cose ormai morte, che, confidiamo, non rivivranno più in un mondo creato dalla nostra intelligenza”.
Il saggista si chiede se la religione abbia contribuito alla civiltà e non esita ad esprimere il suo parere negativo in proposito, visto che non crede che vi siano santi nel calendario “la cui santità sia dovuta ad opere di vera utilità pubblica”. Se il cristiano moderno si è addolcito nella forma mentale, rispetto a quelli del passato, il mutamento deve essere attribuito a generazioni di liberi pensatori che dal Rinascimento ad oggi li hanno indotti a ravvedersi, rivedendo i propri pregiudizi.
Russell procede chiedendosi se la religione possa lenire i nostri affanni e risponde rilevando come la morale non sia strettamente legata alla religione, visto che certe virtù basilari si riscoprono più facilmente tra coloro che rifiutano i dogmi piuttosto che tra quelli che li accettano.
I mali del comunismo – a suo avviso – sono gli stessi del cristianesimo, poiché vede nei comunisti dei falsari della storia come li ha visti nella Chiesa. Secondo il suo pensiero, sostanzialmente la OGPU (Ghepeù) non differisce dalla Santa Inquisizione. La passione persecutoria della Chiesa occupa spazio nei rilievi del filosofo che sottolinea la tolleranza dei buddisti mai persecutori nei confronti dei loro avversari.
Che Russell non abbia avuto vita facile, a sua volta perseguitato, lo apprendiamo anche dalla bella introduzione di Odifreddi che sottolinea la solidarietà del mondo accademico e di Einstein per cui: “I grandi spiriti hanno sempre trovato la violenta opposizione dei mediocri i quali non sanno capire l’uomo che non accetta stupidamente i pregiudizi ereditati, ma con onestà e coraggio usa la propria intelligenza”.

Grazia Giordani

Data pubblicazione su Web: 16 Settembre 2006

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