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Il mio mortale nemico
di Willa Cather, Adelphi

Un ritratto di signora

È il diciannovenne Truman Capote che ci regala uno stuzzicante ritrattino della tanto chiacchierata Willa Cather, sua scrittrice di culto. Quando ancora non la conosceva personalmente, incontrava nei primi anni Quaranta, una misteriosa signora alla New York Society Library, una donna il cui aspetto lo ipnotizzava per “gli occhi azzurri, l’azzurro chiaro vivido, tenero dei cieli sopra praterie. Il volto era interessante: mascella decisa, ben disegnato, un poco androgino. Capelli brizzolati, divisi in mezzo. Sui sessantacinque più o meno. Lesbica? Be’, sì”.
Conversando amabilmente con lei che gli chiedeva quali scrittori americani prediligesse, dopo aver nominato Hemingway, Faulkner e Fitzgerald, il giovane Capote, aggiunse: “Mi piace molto Willa Cather. Ha letto My mortal Enemy?“ Senza battere ciglio la Catheri gli rispose: “Per la verità l’ho scritto” .
Scritto nel 1926, “Il mio mortale nemico” (Adelphi, pp.112, euro 9, trad. di Monica Pareschi), fa parte di quei romanzi che non accusano gli anni, come già avevamo avuto occasione di osservare a proposito de La nipote di Flaubert .
Espresso nel consueto stile spoglio, alieno da inutili orpelli, in perfetta linea con la linea della Cather, grande sostenitrice dell’impianto letterario démeublé, il romanzo s’impernia attorno alla figura di Myra Driscoll, nipote di un miliardario rigidamente cattolico, che rinuncia all’eredità per un matrimonio d’amore. Come a dire che sembra infischiarsene della ricchezza che si lascia alle spalle per sposare un uomo affascinante, estraneo ai limiti della provincia. Purtroppo la distanza tra sogno e realtà non tarda a divenire un baratro. Quella di Myra è una figura complessa, un ritratto di rara finezza per il groviglio delle sue contraddizioni: donna dai gusti raffinati vive una passione totalizzante e impossibile per un Oswald che si era illusa fosse diverso. La diversità dei due sposi trae radici dalle differenti educazioni e dall’incapacità del marito di sottrarsi al fascino anche di altre donne. La scena dell’imbroglio in cui finge di aver ricevuto preziosi gemelli con topazi da una parente, per ovviare alla gelosia della moglie, è indice delle sue ambiguità e del suo diverso metro di misura della vita coniugale L’io narrante della loro vicenda è la giovane Nelle che incontra – quindicenne – per la prima volta Myra, donna di mezza età ancora capace di affascinare per intelligenza e originalità. Il secondo incontro avviene in una squallida pensione, dieci anni dopo, quando entrambe vivono un momento di grande povertà. Mentre Myra sta morendo, distrutta da un male incurabile e incattivita nei confronti del marito che considera suo nemico mortale, Nellie ha la speranza della gioventù, ha la vita davanti a sé illuminata da un’intelligenza positiva.
Non è difficile individuare la marca autobiografica del romanzo in cui chiaramente appare come sotto le vesti di Nellie si nasconda la stessa Willa che certamente ha conosciuto nella realtà una donna seducente e difficile come Myra, generosa con gli artisti fino alla prodigalità più spinta e nel contempo capace di crudeltà sottili che non esiterà ad affermare a proposito del suo matrimonio in rovina, una verità apparentemente contraddittoria, come quella per cui: “ Si può essere nemici e amarsi allo stesso tempo. (…) Da vecchi perdiamo anche la capacità di amare.”
Myra, amaramente pentita di aver barattato l’amore deludente con la sicurezza del danaro di famiglia, chiude i suoi giorni contemplando l’alba sull’oceano, in solitudine, proprio lei che era stata un tempo tanto conviviale e socievole.
Questa lettura, al di là del mirabile ritratto di signora ci induce a riflettere sugli umani sentimenti e argutamente sottolinea in prefazione Atonia Byatt:” In quale misura amore, odio, fedeltà, tradimento, vitalità e disincanto sono parte integrante della vita e della morte?”
Sembrerebbe che la Cather non volesse sciogliere l’enigma, lasciando al cuore e all’intelligenza del lettore il difficile compito.
Willa Cather
(1873-1947)

Willa Cather nacque vicino a Winchester, in Virginia il 7 dicembre 1873. Ancora bambina si trasferì con la famiglia a Red Cloud in Nebraska. Qui frequentò l’università atteggiandosi per un certo tempo come il suo gemello immaginario, William. Completati gli studi, lavorò in qualità di giornalista ed insegnante alla scuola superiore di Pittsburgh. In quegli anni incontrò Isabelle McClung, suo grande amore, a cui rimase comunque legata per sempre da forte amicizia, anche dopo le nozze di Isabelle. Nel 1906 si trasferì a New York dove per sei anni lavorò come giornalista per il McClure ‘s Magazine, quindi si dedicò completamente alla scrittura. Nel 1923 vinse il Pulitzer Prize per la novella “One of Ours”.
La sua relazione più intima fu con la compagna di tutta la vita, la curatrice letteraria Edith Lewis con cui visse al Grenwhich Village per quarant’anni e con cui, per disposizione di entrambe, condivise anche la sepoltura.
Morì a New York il 24aprile del 1947.
Le poste americane hanno emesso un francobollo in suo onore
Tardivamente riscoperta attorno agli anni Settanta, la Cather è una delle grandi scrittrici classiche della letteratura americana, considerevole anche per i suoi taglienti e acuti giudizi di critica letteraria
Bibliografia: Alexander’s Bridge (1912); O Pioneers (1913); The Song of the Lark (1915); My Antonia (1918); One of Our’s (1922); A Lost lady (1923); The professor’s House (1925); My Mortal Enemy (1926); Death comes for the Archbishop (1927); Shadows on the Rock (1931); Lucy Gayheart (1935); Shappira and the Slave Girl (1940).
Romanzi tradotti in italiano: La mia Antonia (La Tartaruga, 1986); La bellezza di un tempo e altri racconti (Sellerio di Giorgianni, 1993), Una signora perduta (Adelphi, 1990 seconda edizione); La casa del professore (Giano, 2003 – Mondatori 1991); La morte viene per l’arcivescovo; (Giano, 2004), La nipote di Flaubert (Adelphi, 2005); Il mio mortale nemico (Adelphi, 2006). (g.g.)

Grazia Giordani

Data pubblicazione su Web: 06 Novembre 2006

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