Recensioni e servizi culturali


La voce
di Arnaldur Indridason, Guanda

Misteri in Islanda in un Natale di sangue
Se l’Islanda è per antonomasia, ai nostri occhi, un luogo misterioso, non fa meraviglia che qui sia nato ed abbia ambientato i suoi noir uno scrittore come Arnaldur Indridason, considerato ormai uno dei giallisti di maggior talento, erede della tecnica di Agata Christie. Chi già aveva apprezzato il taglio di sofferta umanità riservato alla figura del detective Erlendur ne La signora in verde, nel nuovo romanzo La voce (Titolo originale: “Röddin”, Guanda, pp.316, euro 16, trad. Silvia Cosimini) avrà conferma del marchio di alta qualità di questo autore, munito di un acuminato bisturi, atto a scavare nelle debolezze dell’animo umano, attento osservatore della società contemporanea che guarda con occhio implacabile sì, ma mai impietoso.
La voce ha un incipit forte, detonante, privo di graduali preamboli, perché chi scrive vuole suscitare subito l’emozione del lettore, introducendolo in uno scantinato di un lussuoso albergo a Reykjavik dove troviamo il cadavere del portiere tuttofare dell’hotel, vestito da Babbo Natale, anzi semivestito, visto che si trova coi calzoni calati, in posa più che imbarazzante.
L’avvicinarsi delle festività natalizie sembra creare ancora più stridente il contrasto tra la tradizione buonista che aleggia intorno a questi giorni di festa e la tragica miseria dell’uomo. Addirittura vedremo come la vittima e l’agente che indaga sulla sua morte, siano accomunati dal sottile fil rouge di una disgrazia che li ha resi così speciali, seppur diversi. Sia Gulli (il portiere accoltellato) che Erlendur hanno subito terribili traumi infantili, la vittima perdendo la melodiosa “voce” bianca di cantante solista, entrando nella pubertà, il detective perdendo il fratellino durante una tempesta di neve, circostanza tragica da cui gli sono derivati ulceranti sensi di colpa. Ambedue sono personaggi complessi. Gulli si ribella al padre che aveva riposto in lui aspettative di gloria, deludendolo non solo per il fallimento artistico, ma anche per la scoperta della sua omosessualità. Erlendur non si è mai sentito all’altezza delle sue responsabilità, rivelandosi un padre carente d’interesse iniziale nei confronti di moglie e figli. La sua vita è, sotto questo aspetto, un vero naufragio. Eppure, a differenza della vittima, è capace di riscuotersi, tentando un seppur tardivo recupero.
Il paesaggio esterno quasi non compare, stilizzato da raffiche di neve. La vicenda congelata nel chiuso dell’albergo aumenta il pathos tragico, rendendolo quasi più palpabile e vicino al nostro sguardo proteso non solo alla scoperta dell’assassino – che si svelerà alla fine, come da copione – ma anche e soprattutto coinvolto dai grovigli di temi scottanti come quelli di rapporti famigliari violenti, tossicodipendenza, prostituzione e omosessualità.
Grazia Giordani

Grazia Giordani

Data pubblicazione su Web: 26 Febbraio 2008

Torna all'indice delle Recensioni