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Il calore del sangue
di Irène Némirovsky, Adelphi

Le confessioni di un viveur francese
Giovedì 16 Ottobre 2008


NARRATIVA. «IL CALORE DEL SANGUE»
Un viveur francese che la passione porta al delitto
Il testo della Némirovsky è stato rinvenuto nel 2007






Grazia Giordani
Ci sono temi che mulinano nella mente degli scrittori come un insistito refrain, quasi un tormentone cui non possono sottrarsi.
E questo è successo anche a Irène Némirovsky - nata a Kiev nel 1903 e morta ad Auschwitz nel 1942 - l'autrice nota al grande pubblico per il best seller «Suite francese» (un milione e 500 mila copie vendute in tutto il mondo).
Come buona parte degli scrittori di ceppo ebraico, basterebbe pensare ad Arthur Schnitzler o a Stefan Zweig, solo per fare due nomi, anche Irène è attratta dai meandri oscuri della psiche, dove abitano i grovigli morbosi del cuore.
Quindi, il nucleo forte de «Il calore del sangue» (Adelphi, pp155,euro11, traduzione di Alessandra Berello, con una nota di Olivier Philipponat e Patrik Lienhardt) si trova in buona parte degli scritti dell'autrice da sempre consapevole di come "la vita sia forgiata a colpi di sangue", visto che già nel 1931 ne «Les Mouches d'automne» aveva fatto dire alla invecchiata protagonista. "Mi ricordo ancora del sangue giovane che mi ardeva nelle vene" e nel 1935 ne «Le vin de solitude»: "Non posso cambiare il mio corpo, spegnere il fuoco che arde nel mio sangue".
Scritto fra il 1937 e il 1938 e ambientato a Issy- l'Evêque, poco meno di mille abitanti, in Borgogna, nell’ Arrondissement d’Autun (quello stesso paesino del Morvan in cui Irène cercherà rifugio con la famiglia e dove sarà poi arrestata) «Chaleur du sang» è stato ritrovato dai biografi e pubblicato in Francia nel 2007.
Fresco di stampa ce lo propone ora Adelphi che sta curando l'opera omnia dell'autrice.
Questa volta teatro dell'azione non è più l'alta borghesia ebraica in cui la scrittrice è cresciuta, o l'ambiente dei ghetti dell'Europa orientale, ma il piccolo mondo agreste della provincia francese.
Qui tutto parrebbe essere terso, pulito, persino insulso, oseremmo dire, visto che incontriamo l'inappuntabili e agiate famiglie che stanno organizzando il matrimonio di bravi figli.
L'io narrante è un viveur ormai invecchiato, lupo solitario in quel paesaggio boschivo, fertile e ricco di misteriosi stagni. Sembrerebbe che nulla dovesse accadere nel tran tran campagnolo di quelle serene vite, ma la penna soavemente crudele della Némirovsky ci invia criptati messaggi, acuminate avvisaglie che ci inducono a scoprire come sotto la levigata vernice di armoniosa serenità agreste, ribolle quel torrido "calore del sangue" che condurrà al reiterato peccato e al delitto, riservandoci un epilogo a sorpresa, secondo la miglior cifra némirovskyana.

Grazia Giordani

Data pubblicazione su Web: 16 Ottobre 2008

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