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La storia di un matrimonio
di Andrew Sean Greer, Adelphi

La linea d'ombra che divide e unisce mariti e mogli
Se non ci aveva fatto meraviglia, leggere a suo tempo, che uno scrittore di fama come John Updike, recensendo sul New Yorker «Le confessioni di Max Tivoli», opera prima di Andrew Sean Greer, lo aveva definito "incantevole", ora ci avvaloriamo ancor più riguardo l'originale qualità del trentottenne autore americano, leggendo «La storia di un matrimonio» (Adelphi, titolo originale.:«The Story of a Marriage», traduzione di Giuseppina Oneto, pp.224, euro 18).
"Crediamo tutti di conoscere le persone che amiamo. - esordisce Greer - Nostro marito, nostra moglie. E li conosciamo davvero, anzi a volte siamo loro: a una festa, divisi in mezzo alla gente, ci troviamo a esprimere le loro opinioni, i loro gusti in fatto di libri e di cucina, a raccontare episodi che non sono nostri ma loro…."
A tutto questo aveva creduto Pearlie Cook, l'innamorata protagonista e io narrante del romanzo, quando, all'improvviso (e qui l'autore, figlio di scienziati, usa un'immagine che gli è - diciamo -, di casa) capisce che "Forse il matrimonio non si vede un po' come quei giganteschi corpi celesti che sfuggono all'occhio umano: lo si può monitorare solo in base alla forza di gravità, all'attrazione che esercita su tutto ciò che lo circonda". Pearlie aveva incontrato suo marito Holland due volte, prima e dopo la Seconda Guerra. Al secondo incontro lo ha sposato, pur consapevole di una sua strana sofferenza cardiaca, per cui lo si deve tenere lontano da tutte le emozioni, persino ritagliandogli dai quotidiani le notizie allarmanti, proteggendolo da tutto. Siamo agli inizi degli anni Cinquanta. Nell'aria e negli animi c'è ancora odore di postumi bellici. Gli sposi vivono nel Sunset a San Francisco un'esistenza serena con Sonny, il loro bimbo poliomielitico e col cane Lyle.
L'ingenua protagonista ha la persuasione di conoscere persino gli intimi pensieri del suo adorato marito, quando un sabato del 1953, uno sconosciuto dal mignolo amputato, entra come un maledetto e subdolo uragano a sconvolgere la sua esistenza. Questo Charles Dummer - detto "Buzz", porta terribili segreti, avvertendo la giovane sposa di menzogne, reticenze e rivelazioni dolorose che le avveleneranno la vita, inducendola persino a un escamotage non proprio lodevole. Il romanzo è costellato di continue sorprese, piccoli coup de théâtre, geniali trovate che l'autore centellina, sornione, distruggendo la nostra illusione di conoscere veramente noi stessi e soprattutto chi ci vive accanto.
Greer dissemina, con naturalezza, l'inquietudine e le incertezze di Pearlie che si fanno nostre, sorretto da una scrittura poeticamente asciutta, attento ai paesaggi interni ed esteriori, alle atmosfere, ai contraccolpi del cuore, abile nel descrivere anche personaggi minori come le due vecchiette, le zie gemelle di Holland che ci fanno tornare in mente figure anziane femminili di altra letteratura, come "Le sorelle Materassi" di Aldo Palazzeschi, tanto per fare un esempio. In un romanzo così, il finale non poteva che essere a sorpresa, anche perché la scrittura di Greer non finisce mai di sorprenderci. (g.g.)

Pubblicato sabato 25 ottobre in Arena, Giornale di Vicenza e Bresciaoggi

Grazia Giordani

Data pubblicazione su Web: 25 Ottobre 2008

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