Recensioni e servizi culturali


Le campane di Bicêtre
di Simenon, Adelphi

E così Simenon convinse i critici
Quando Georges Simenon ha pubblicato nel 1963 Les anneaux de Bicêtre, ora riproposto da Adelphi – che sta curando l’opera omnia del grande belga – col titolo di Le campane di Bicêtre (pp.261, euro 19, traduzione di Laura Frausin Guarino), parte della critica francese – ancora non tutta - in tempi precedenti tanto diffidente e addirittura denigratoria nei suoi confronti, cambia registro, sull’onda del clamore con cui viene lanciato il romanzo. Si ha, comunque, l’impressione che gli applausi siano un po’ forzati, quasi “a comando”, come se i critici con la puzza sotto il naso, si dirigessero tardivamente a Canossa. Infatti, Pierre-Henri Simon scriverà su «Le Monde» che «si dichiara colpevole di aver trattato l’autore con negligenza e che si rallegra di avere l’occasione di riparare». E altre voci improvvisamente benevole gridano al capolavoro. Lo stesso Simenon, con acuta autocritica, aveva considerato questo romanzo una delle sue opere fondamentali, infatti è uno dei pochissimi libri a cui abbia dedicato una lunga fase preparatoria e a cui provi il bisogno di anteporre un’avvertenza, diciamo “cautelativa” in cui dichiara «di aver visitato l’ospedale di Bicêtre, ma di non avervi incontrato nessuno dei personaggi descritti in questo libro. Lo stesso vale per il mio protagonista, direttore di un giornale, per l’avvocato, per i due accademici: giuro di avere inventato tutto!»
E non sapremmo come dargli torto, visto che troppe volte era incorso in guai legali, a causa di analogie volute o accidentali con la realtà della vita.
Fa parte del ciclo dei roman dur, come lui stesso li aveva definiti, questo ambientato nell’ospedale di Bicêtre, dove René Maugras – direttore del principale quotidiano parigino -, si risveglia dal coma, ricordando ben poco di quanto era avvenuto la sera precedente durante la cena, consuetudine di ogni primo martedì del mese, nella saletta privata del Grand Véfour (uno di più antichi ed esclusivi ristoranti di Parigi). Gli incontri avvenivano con i maggiorenti della città, con la crème de la crème di chi si era guadagnato un posto in cima alla vetta del successo.
Risvegliatosi emiplegico, René rivive un film, una proiezione del suo vissuto, abitato: dalle due mogli.(ambedue parrebbe sposate per un desiderio fisico che in lui nasce da una strana specie di pietà) ; dalla figlia handicappata; da una vecchia amante; da una ridda di amici, come lui in passato, arrivisti, premuti dalla corsa al successo.
Mentre medici e infermiere si prodigano a riportarlo a galla, meravigliati dal suo mutamento interiore, Maugras – che ora si è spogliato di ogni maschera – fa un bilancio spietato della propria vita, severo contro se stesso e contro coloro che vogliono il successo ad ogni costo, incuranti di ferire e sopraffare. Soprattutto si pone domande su Lina, la sua seconda moglie, sprofondata, senza rimedio nella dipendenza dall’alcol
(«Perché Lina non si sente al sicuro con lui. Perché lui non riesce a renderla felice?»)
Un romanzo che avrà fatto tremare molta parte della Parigi di allora, un romanzo denuncia coraggiosa, pervasa dell’ irridente cinismo in sintonia con l’indole del miglior Simenon.
Grazia Giordani
pubblicato lunedì 9 febbraio in Arena, Bresciaoggi e Giornale di Vicenza

Grazia Giordani

Data pubblicazione su Web: 09 Febbraio 2009

Torna all'indice delle Recensioni