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Lettera di una sconosciuta
di Stefan Zweig, Adelphi

Zweig, un amore estremo e folle
Solo da una penna raffinata come quella di Stefan Zweig (Vienna 1881- Petròpolis, Brasile, 1942) poteva uscire un appassionato romanzo d’amore, dribblando il facile rischio del mélo, del dolciastro, in cui altri romanzieri meno dotati di rara qualità letteraria avrebbero potuto incorrere. Pubblicato per la prima volta nel 1922, Lettera di una sconosciuta (pp.83, euro 9) ci viene ora riproposto da Adelphi (che e sta curando l’edizione dell’opera completa dell’autore), nella bella traduzione di Ada Vigliani.
Certamente autobiografico, pur con le dovute varianti di uno scrittore che non fotografa, ma filtra la realtà, a suo tempo questo romanzo-lettera ferì Friederike von Wintemitz – divenuta in seguito prima moglie di Zweig -, poiché la relazione tra lo scrittore e la sua ammiratrice era proprio iniziata con una lettera anonima di lei, grande estimatrice dello scrittore che già aveva raggiunto l’apice del successo.
Il romanzo inizia con il quarantunesimo compleanno del famoso romanziere R che, ritornato a Vienna dopo “una ritemprante vacanza”, trova ad attenderlo una inquietante lettera di venti pagine, sovrastata dall’incipit: “ A te che mai mi hai conosciuta”.
Immediatamente viene informato del fatto che la donna gli annuncia che il proprio bambino è appena morto e che lei sta scrivendo accanto al corpicino esanime del figlio.
Lo scrittore, catturato dalla drammaticità del testo, proseguirà la lettura sino all’alba, apprendendo uno spaccato esistenziale a partire dai tredici anni della ragazzina che s’innamora follemente di uno scrittore famoso prima ancora di averlo incontrato. Dopo una serie di elaborati appostamenti, l’adolescente ama in segreto questo uomo dei suoi sogni di cui pure riconosce l’indole “bifronte” di “giovanotto ardente e spensierato, tutto dedito al gioco e all’avventura” e di cui però ammira la colta intelligenza e le raffinate pulsioni intellettuali.
Tre incontri finalmente avverranno, distanziati nel tempo, ardentemente carnali, ma lo scrittore non riconoscerà mai la sua occasionale partner. Per l’uomo saranno solo episodi deliziosi, senza storia, né memoria; per lei si tratta dell’amore assoluto, disperato, irrinunciabile, unico scopo della sua esistenza, da cui prenderà vita anche la nascita di un amatissimo figlio.
Dalla lunga lettera trasuda il dramma di un amore senza confini, sentimento nascosto nell’ombra di una figura femminile che non chiede nulla in cambio, altro che la grazia di poterlo rivelare in punto di morte, omai minata dalla malattia.
Struggenti e, nel contempo, inesorabili, le ultime parole di questa innamorata senza speranza, abituata a regalare all’amato, in forma anonima, un mazzo di rose bianche nel giorno del suo compleanno e quindi indotta ad implorarlo, quale suo estremo desiderio: «Amore mio, ascolta, ti prego . . è la prima e l’ultima volta che ti chiedo qualcosa… fallo per me il giorno del tuo compleanno – un giorno in cui ognuno pensa a sé – compra le rose e mettile nel vaso. Fallo, amore mio, fallo come altri una volta all’anno fanno dire una messa per una defunta che è stata loro cara. Ma io non credo più in Dio e non voglio una Messa, io credo solo in te, amo solo te e solo in te voglio continuare a vivere . . . ah, un giorno all’anno soltanto e in silenzio, in assoluto silenzio, così come sempre io ho vissuto accanto a te . . .TI prego, fallo amor mio . . . è la prima cosa che ti chiedo, ed è anche l’ultima . . . ti ringrazio… ti amo …addio…»
Difficile riassumere la tragedia di un annullamento di sé, di un suicidio della propria anima e della propria dignità. Storia di un ‘ossessione – a nostro avviso – malata che pure ha dato grande fama a Zweig, mettendo in moto la fantasia di psicoanalisti e critici letterari e persino di un regista dell’epoca quale Max Ophűls che ne trasse un celebre film, avveniristico per la tecnica di quegli anni, ben interpretato da Joan Fontaine e Louis Jourdan.
Grazia Giordani
Pubblicato domenica 24 gennaio 2010 in Arena, Giornale di Vicenza e Bresciaoggi.

Grazia Giordani

Data pubblicazione su Web: 24 Gennaio 2010

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