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Virginia Woolf e il giardino bianco
di Stephanie Barron, TEA

Una resurrezione per Virginia Woolf, ma come detective
IL LIBRO. Che pastiche da Stephanie Barron

Una resurrezione
per Virginia Woolf
ma come detective
Grazia Giordani
Un labirintico mistery con indagini al circolo londinese di Bloomsbury
e-mail print Sabato 02 Aprile 2011 CULTURA, pagina 56

Stephanie Barron
Gli estimatori del pastiche letterario avranno modo di apprezzare nel nuovo romanzo di Stephanie Barron Virginia Woolf e il giardino bianco (Tea, 287 pagine, 12 euro) la capacità di scrittura della quarantottenne newyorkese, laureata in storia dell'Europa a Princeton, con un passato di analista alla Cia.
L'autrice ha raggiunto il successo trasformando prima Jane Austin in una detective e ora introducendoci nel mondo della grande Virginia Woolf, rendendola protagonista di un labirintico mystery.
«Ho l'abitudine di inventare vicende incentrate spesso su persone», precisa la Barron in postfazione al romanzo, «persone che s'infurierebbero nel sapere di essere diventate oggetto del mio abbellimento: Jane Austin, la Regina Vittoria, Virginia Woolf. Ma in fondo, queste persone, le cui azioni e parole sono già di pubblico dominio, sono morte. Il giardino bianco ne è un tipico esempio».
Se i morti non possono difendersi da chi li fa letterariamente risorgere, dobbiamo ammettere che la scrittrice, pur lasciandosi prendere dalle sue elucubrazioni talvolta poco credibili, sa ben ricostruire atmosfere e ambienti.
La Woolf rediviva ci porta in quel famoso circolo londinese di Bloomsbury che nacque come ritrovo informale di neolaureati di Cambridge. Gli incontri culturali avvenivano nel quartiere londinese di Bloomsbury e frequentatori assidui ne furono anche Virginia, i suoi fratelli e il futuro marito. Non raccomandabili frequentazioni, vista la disinvoltura morale dei partecipanti, ma quello è stato il clima in cui sono vissute Virginia Woolf e la sua innamorata Vita Sakville West, nietzscheanamente al di sopra del bene e del male.
Tornando alla trama del romanzo, è storia nota che Virginia si suicidò il 28 marzo 1941, gettandosi nelle acque del fiume Ouse. Nell'ottobre 2008, secondo la finzione letteraria, all'ombra di Sissinghurst Castle, appartenuto a Vita, viene rinvenuto un misterioso diario. La prima pagina è datata 29 marzo 1941 ed è firmata col nome di Virginia. Una scoperta, a dir poco, sconcertante. All'improvviso il diario viene rubato.
Quale mistero si cela dentro e intorno a queste pagine?
Il suicidio di Virginia sembra avere un intricato rimando con quello di Jock, un giardiniere, divenuto nonno dell'architetto del paesaggio Jo Bellamy che scoprirà l'arcana connessione tra le due morti, giungendo sessant'anni dopo a Sissinghurst Castle per studiare il celeberrimo «giardino bianco» che Vita aveva creato per la sua amata Virginia.
Incantati dal candore di Sissinghurst, un po' frastornati dalle rocambolesche avventure, arriviamo sempre più incuriositi verso l'epilogo, sforzandoci di astenerci dal pensare cosa avrebbero mai potuto dire Virginia e Vita, redivive.GRazia Giordani
Sabato 2 aprile in Arena, Giornale di Vicenza e Besciaoggi

Grazia Giordani

Data pubblicazione su Web: 03 Aprile 2011

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