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Coral Glynn
di Peter Cameron, Adelphi

Buia e tempestosa era la notte e il giorno è peggio
Già l’alto gradimento con cui furono accolti Quella sera dorata (2006) e Un giorno questo dolore ti sarà utile (2007) ci ha fatto capire quanto lo statunitense Peter Cameron, circa cinquantenne, sia un autore singolare, fuori dagli schemi, capace di curvare lo spazio-tempo della narrazione per portarci in una dimensione a cui – pur apparendoci irreale – siamo costretti a credere. E questa inquietante sensazione la proviamo ancor più leggendo il suo nuovo romanzo Coral Glynn (Adelphi, pp.212, euro 18, traduzione di Giuseppina Oneto) che, in questi giorni, sta uscendo negli States, contemporaneamente all’edizione italiana.
Figura centrale del romanzo è Coral Glynn, una bella e sventurata ragazza, sola al mondo, orfana di entrambi i genitori, vulnerata dal lutto di un fratello morto in guerra. La incontriamo nella campagna inglese del Leicestershire, in una primavera più fosca e piovosa che mai. Ma avrebbe potuto brillare uno sfavillante sole nell’intenzione di chi vuol creare un clima gotico? Siamo nel 1950, anni in cui ancora vigono pregiudizi e pruderie nell’animo anglosassone dell’epoca. Teatro dell’azione è Villa Hart dove Coral dovrà assistere la vecchia ed intrattabile padrona di casa, malata di cancro, ormai in fase terminale. La casa sorge su un’altura, circondata da campi allagati, al limitare della Foresta Verde, luogo sinistro, invaso da aspro agrifoglio, tra le cui fronde avrò luogo un episodio di crudeltà.
Nella villa, con l’ammalata e la bisbetica domestica tutto fare vive il maggiore Clement Hart, figlio poco incline a pietà nei confronti della madre morente, invalido di guerra per terribili ustioni, ma soprattutto segnato nell’animo da incomprensioni materne. Come non bastasse, l’infelice maggiore è, in un certo senso, perseguitato dalle allusive recriminazioni di Robin, a cui, in età giovanile, è stato legato da passeggera debolezza omosessuale.
Verrebbe voglia di ripensare alla brughiera di brontiana memoria o all’atmosfera inquietante creata da Daphne du Maurier, nei suoi romanzi ambientati in Cornovaglia, ma è solo un pensiero di passaggio, perché l’ironia e il senso del grottesco di Cameron ci fanno subito cambiare rotta, anche se qui sono presenti la misteriosa foresta, teatro di un delitto, il piacente maggiore ferito, dalla virilità compromessa, che scopre in Coral una giovane ultrariservata, dal fascino elusivo.
Clement e Coral – dopo vari ripensamenti della ragazza – si uniranno in matrimonio, con grande rammarico di Robin che vive con Dolly, una moglie copertura, di cui non potrebbe importargliene di meno, la figura più umoristica del romanzo, logorroica e stupidotta, ma – all’occorrenza, capace di … Non anticipiamo di che cosa, perché fa parte dello strepitoso ed imprevedibile epilogo del romanzo.
La giovane sposa, dopo la prima notte di nozze non consumate, dovrà fuggire a Londra in quanto ritenuta colpevole del delitto avvenuto nella Foresta Verde. Qui riprenderà il suo lavoro di infermiera a domicilio.
Risolutivo sarà l’incontro con Lazlo, polacco molto avvenente e spregiudicato.
Dialoghi stringenti e ricchi di humour, lessico mordace sotteso dall’insistita nota del dolore, inevitabile nella scrittura e nel modo di sentire la vita da parte dell’autore, di sorpresa in sorpresa, ci condurranno allo stupefacente epilogo, resi inclini a sentirci parte del ‹‹cuore dorato e incandescente dell’universo››, perché di questo è capace un grande scrittore.
Grazia Giordani
Pubblicato nei consueti quotidiani venerdì 25 maggio 2012

Grazia Giordani

Data pubblicazione su Web: 30 Maggio 2012

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