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I complici
di Georges Simenon, Adelphi

Genio di Simenon in una catastrofe di tran tran erotico
Alla lettura di ogni romanzo di Georges Simenon (1903-1989) che ci ripropone Adelphi – intento a curarne l’opera omnia -, non possiamo esimerci dal pensare perché a questo autore di così forte ed originale talento, non sia mai stato conferito il Nobel. Ma sono veramente così importanti e scevri da pastette i premi nazionali e mondiali? Merita veramente la pena di addolorarsi se non li si ottengono? Pensiamo a Montanelli che consolò Luzi esortandolo a non soffrire dell’insuccesso, visto che il premio era toccato “persino a Dario Fo”.
Tornando al nuovo romanzo di Simenon I complici (pp.158, euro 17, traduzione di Laura Frausin Guarino), scritto a Maugins nel 1955 e dato alle stampe l’anno seguente, ci troviamo ancora una volta nel clima tortuoso del “roman dur”, quello che affonda il bisturi nei gorghi imprevedibili e segreti dell’animo umano e dove – in senso non solo metaforico – può esservi qualche nota autobiografica poiché il grande belga non era certo uno stinco di santo, ma uomo di prorompente carnalità, dedito a tutti i tipi di piaceri, che spesso trasferisce nel vissuto dei suoi personaggi così “sessuati”, infedeli al vincolo coniugale, pronti alle gioie del letto, apparentemente senza farsi troppi problemi. Però, dentro quell’ “apparentemente” vive più sostanza di quanto non si dica, è lì che si trova buona parte del senso dell’opera perché i personaggi simenoniani non sono mai manichei.
Abbiamo un datore di lavoro Joseph Lambert che – fin da quando ha visto il volto di Edmonde, nel momento del piacere (con le nari contratte “come quelle di una morta e “il labbro superiore rialzato a scoprire i denti “in una smorfia di sofferenza che non somiglia per nulla a un sorriso”) lei ha smesso di essere un’efficiente anche se un po’ incolore segretaria, diventare sua complice.
L’originalità della storia sta anche nel fatto che tra Joseph e Edmonde non è nato ancora né amore, né passione – continuano persino a darsi del lei – ma la tacita condivisione di un gioco segreto. Quando, una sera, guidando a zig zag con la sinistra, il nostro erotico personaggio – visto che la destra era impegnata tra le cosce di Edmonde -, avverte, inebetito, il claxon disperato di un pullman, non fa nulla per evitarne lo schianto contro un ostacolo, limitandosi a guardare nello specchietto retrovisore l’immensa catastrofe che ha provocato. Non tarderà ad apprendere dalla gente l’orribile notizia di un’unica sopravvissuta fra quei quarantasette bambini che tornavano felici dalla vacanza.
Comincia per quest’uomo il tormento dell’essere scoperto dalla saggia e remissiva Nicole (che, però, ormai gli nega l’accesso al proprio letto) o dal contegnoso fratello Marcel, immune da passioni pericolose, o dagli amici bridgisti, con cui gioca la sera al caffè, oggetto del suo disprezzo, a pari passo con l’autodisprezzo che ormai gli sporca i giorni e le notti.
Se s’impegnerà a sviare da sé i sospetti, sarà solo per ritrovare ancora una volta l’ineffabile Edmonde “per scoprire in lei quello che aveva cercato e temuto in tutta una vita”. Come sempre, il finale al lettore, abituato alle sorprese psicologiche che sa regalarci l’imprevedibile autore.
Grazia Giordani
Pubblicato sabato 14 luglio 2012

Grazia Giordani

Data pubblicazione su Web: 08 Settembre 2012

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