Recensioni e servizi culturali


L'impronta dell'editore
di Roberto Calasso, Adelphi

Il Signor Adelphi
Si centellina come un prezioso liquore la silloge di saggi L’impronta dell’editore (pp.164, euro 12) che Roberto Calasso ci propone, corredato di acclaranti note ai testi, in occasione del cinquantesimo compleanno dell’Adelphi. Una bibliofila – non bibliomane – come chi sta qui scrivendo, si sente invitata a nozze mentre naviga dentro il pensiero originalissimo del saggista che in modo anomalo sa parlarci di editoria, partendo da Roberto Bazlen, il triestino d’epoca asburgica che in vita non pubblicò nulla, ma che tutto sapeva sui capolavori del suo tempo, tanto da poter consigliare letture a persone speciali che cercavano libri speciali.
Il ventunesimo compleanno di Calasso fu in un certo senso fatale, in quanto creò l’incipit dell’editoria Adelphi, formata, nell’ottica bazleniana da ‹‹libri unici››. Già il luogo in cui avviene questo travaso d’idee tra il “consigliori” e il ventunenne rischia di riempirci d’invidia perché siamo nella villa di Ernst Bernhard, sul lago di Bracciano. Il clima intellettuale si sta già facendo goloso per chi apprezza queste situazioni e sta apprendendo che i libri unici dovevano essere scritti da chi, per una ragione o per l’altra, avevano attraversato un’esperienza unica che si era depositata in un libro. Subito si parlò dell’edizione critica di Nietzsche e della futura collana di Classici. Ma l’eccezionale critico letterario insisteva soprattutto sul tasto dei libri che non era mai riuscito a far passare nelle case editrici già note da Bompiani ad Einaudi. E potevano andare da un classico tibetano (Milarepa) o di un ignoto autore inglese che aveva scritto un solo libro (Cristopher Burney), tanto per citare qualche esempio delle scelte del coltissimo triestino.
‹‹Che cos’è un libro unico? – sembra chiedere a se stesso il Saggista - l’esempio più eloquente, ancora una volta, è il numero I della Biblioteca: L’altra parte di Alfred Kubin. Unico romanzo di non- romanziere. Libro che si legge come entrando e permanendo in una allucinazione possente. Libro che fu scritto all’interno di un delirio durato tre mesi. Nulla di simile nella vita di Kubin, prima di quel momento; nulla di simile dopo. Il romanzo coincide perfettamente con qualcosa che è accaduto un’unica volta, all’autore. Ci sono solo due romanzi che precedono quelli di Kafka e dove già si respirava l’aria di Kafka. L’altra parte di Kubin e Jakob von Gunter di Robert Walser›. Entrambi avrebbero trovato il loro posto nella Biblioteca. Anche perché se, in parallelo all’idea del libro unico, si dovesse parlare di un autore unico per il Novecento, un nome s’imporrebbe subito. Quello di Kafka›.
Quando ci si abitua alla bellezza, si è inclini a dimenticare da dove essa provenga. E così ci pare scontato, perché ormai li leggiamo da anni, che Adelphi abbia sdoganato autori austriaci di cui in Italia solo i raffinatissimi conoscevano, forse, qualcosa. Chi conosceva il boemo Karl Kraus? Persino Musil non faceva parte degli autori più noti, per non parlare di Hofmannsthal e Roth (non l’americano Philip, ma l’austriaco Josef).
‹‹In nessun altro luogo si erano poste così lucidamente come a Vienna le domande ultime sul linguaggio (che poteva essere la lingua di ogni giorno e dei giornali per Kraus, o i sistemi formali per Godel o il sistema totale per Schonemberg; o i rebus onirici per Freud››.
Di pagina in pagina, il lettore raffinato diventa sempre più ghiotto di notizie letterarie e condivide il rammarico dell’autore per fenomeni consumistici che fano sparire pregevoli testi dalle librerie. Per cui a un diciottenne resteranno ignoti testi imperdibili.
Questo florilegio di saggi diventerà un vostro livre de chevet. Perché in ogni pagina troverete motivo di riflessione, apprendimento e rispettosa condivisione, rallegrandovi che il grande Simenon, anche lui, abiti qui in buona compagnia.
Grazia Giordani
Pubblicato in ARENA & C venerdì 29 marzo 2013

Grazia Giordani

Data pubblicazione su Web: 22 Aprile 2013

Torna all'indice delle Recensioni