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Le signorine di Concarneau e il borgomastro di Furnes
di Georges Simenon, Adelphi

Ben oltre Maigret
BEN OLTRE MAIGRET
CLASSICI. «Le signorine di Concarneau» e «Il borgomastro di Furnes»
Georges Simenon fu un formidabile narratore, al di là del successo raccolto con il celebre commissario La riprova nei romanzi anni Trenta ora editi da Adelphi
Georges Simenon nel 1962. Del romanziere belga Adelphi pubblica i romanzi Le signorine di Concarneau e Il borgomastro di Furnes

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Non è una scoperta la grandezza di Georges Simenon narratore, Maigret a parte, ma ogni romanzo tradotto è una conferma. Adelphi, che pubblica in Italia l’immensa opera dello scrittore belga, manda in libreria altri due piccoli capolavori.Le signorine di Concarneau (136 pagine, 16 euro, ancora una volta la traduttrice è Laura Frausin Guarino) fu scritto nel 1935 e pubblicato in Francia l’anno dopo. Siamo in una piccola città bretone dove le sorelle Guérec gestiscono un emporio, patrimonio di famiglia da generazioni. L’unico fratello maschio Jules — quarantenne, celibe, proprietario di due pescherecci — è vittima dell’affetto dispotico ed asfissiante delle onnipresenti sorelle che lo controllano in tutto, accudendolo con una sollecitudine occhiuta e possessiva. A loro Guérec deve rendere conto di tutto, persino di come spende ogni centesimo. Quando gli capita di andare a Quimper e di non resistere alla tentazione delle tre «signorine» arrivate da Parigi, è angosciato all’idea di come giustificare quei 50 franchi mancanti. «Avrebbe detto… Avrebbe potuto dire che aveva offerto da bere a certi amici, ma le sue sorelle sapevano benissimo che non se ne vanno cinquanta franchi per una bevuta in compagnia, neanche se a bere si è in cinque o sei» Anche quella volta che ha messo incinta una ragazza del paese è stata Céline, la più penetrante e la più spiccia delle sorelle, che si vanta di conoscerlo come fosse suo figlio, a prendere in mano la situazione. Tutto parrebbe scorrere col tran-tran di una famiglia matriarcale, dove l’unico uomo di casa è poco più di un iperprotetto fantoccio, quando una sera, tornando a casa in auto, ancora inesperto pilota, Jules investe un ragazzo e fugge. Bugiardo e sempre scoperto e perdonato da Céline, Guérec cerca di attutire il rimorso in maniera stravagante: l’epilogo è degno di una raffinata trama, fatta di stati d’animo, atmosfere bagnate, visto che siamo in una cittadina di mare, in cui sembrano incastonarsi i drammi familiari del mondo simenoniano opposto a quello che alita attorno al commissario Maigret. Quasi l’autore stesso si sdoppiasse, presentandoci due realtà nettamente opposte e conflittuali. Mentre Maigret rappresenta l’onestà, la rettitudine, la ricerca indefessa della giustizia, le figure dei romanzi portano in luce un mondo tetro, chiuso verso l’esterno, barricato in case/prigione. Proprio come quella della famiglia Guérec con le intransigenti sorelle, immolate al sacrificio e all’ammalata devozione per un fratello senza il più pallido barlume di carattere. Talento letterario stupefacente anche nel romanzo Il borgomastro di Furnes (227 pagine, 10 euro, nell’elegante traduzione di Tea Turolla). Scritto a Nieul-sur-Mer nel dicembre 1938, in Francia appare a stampa nel 1939. Per l’editore, quel Gaston Gallimard che pure non era sempre laudativo con il suo autore più prolifico e più difficile, «uno dei suoi migliori romanzi». Aveva ragione. Pietro Citati lo definì «mirabile.Riassume la visione di Simenon. Il mondo è Furnes, questa misurazione, questa ripetizione, questo odio, questa apparente trasparenza, questa foltissima nebbia». Anche se l’autore nell’avvertenza iniziale dichiara, artatamente, che per lui Furnes è solo un «motivo musicale», si stenta a credergli, tanta è la sua capacità e precisione nel riprodurre gli usi, i connotati e l’atmosfera di quella cittadina fiamminga, propensi, piuttosto, a credere che si cauteli da eventuali conseguenze legali. Non sarebbe una novità nella vita dello scrittore. Entriamo subito nel milieu di un intreccio breve e strettamente connesso a una crisi che s’impone fin dalle prime pagine. Joris Terlinck ne è il centro. Chiamato da tutti il Baas, ovvero il Padrone — proprio con l’iniziale maiuscola, visto il suo arrogante strapotere — dirige una manifattura di sigari e l’intera sua città. Duro e autoritario, regna da despota sui concittadini e sulla famiglia (Thérèse, una moglie piagnucolosa; Maria, una serva amante da cui ha avuto un figlio: una figlia demente, ostinatamente tenuta sotto il tetto paterno). Joris ha riguardo solo per questa povera minorata Émilia che accudisce personalmente, nutrendola con leccornie e prelibatezze e provvedendo alla sua igiene personale, in maniera quanto meno coraggiosa, visto che la ragazza accetta solo la sua presenza, e vive, se di vita si può parlare, completamente nuda e coperta di piaghe ed escrementi. Impossibile tacere il risvolto autobiografico, poiché, proprio nel momento in cui scrive il romanzo, Simenon vive circondato da tre donne: la moglie Régine, la domestica Boule, che riveste il ruolo di governante amante e la segretaria Annette de Bretagne. Tornando alla trama, un impiegato di Joris Terlinck, Jef Claes, gli chiede un prestito poiché ha messo incinta Lina, figlia di Léonard Van Hamne, ricco produttore di birra e rivale politico del borgomastro, e vorrebbe far abortire la ragazza. Terlinck, che giudica la generosità un atto di debolezza, rifiuta di aiutarlo. Claes si uccide. Il borgomastro trae profitto dallo scandalo per colpire Van Hamne, padre della ragazza, che si vede costretto a mandarla ad Ostenda, lasciandogli addirittura credere di aver «comprato sua figlia». Al borgomastro, invaghito di Lina così spensierata e gaudente, nella cornice gioiosa di un’Ostenda lontana dalle piogge insistenti e dai sudari di nebbie della cupa Furnes, un pensierino di unirsi alla ragazza frulla in testa veramente. Approfittando di queste sue distrazioni, gli avversari politici lo attaccano nel suo punto debole: la segregazione della figlia demente. E. quando sua moglie muore di cancro, assistita da una pietosa sorella, la figlia gli viene tolta. La misura è colma. Quello che non è più «il Baas» rassegna le dimissioni e rinuncia alla vita politica, ma sceglie di riprendere l’esistenza di un tempo, concentrandosi sulla sua impresa. È un uomo diverso. La vita qualcosa gli ha insegnato. Ma sposerà Lina? Un po’ di sorpresa è giusto lasciarla al lettore che avrà divorato questo romanzo tanto «duro» (definizione di Simenon) affascinato dall’atmosfera torbida e avvolgente che entra nel sangue come una malia.
Grazia Giordani
Pubblicato sabato 23 febbraio 2013

Grazia Giordani

Data pubblicazione su Web: 28 Aprile 2013

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