Recensioni e servizi culturali


L'Angioletto Betty
di Georges Simenon Roberto Cotroneo, Adelphi Bompiani

Simenon se vi pare

SIMENON SE VI PARE

IMMAGINARII. Il papà di Maigret due volte in libreria, oggetto e soggetto
Il grande scrittore è protagonista in «Betty», il libro di Roberto Cotroneo che finge il suo diario Come lo stesso Simenon fa nel romanzo più amato


Simenon di Cotroneo e Simenon di Simenon, ma comunque sorprendente. L'immaginario «diario di George Simenon» scritto da Roberto Cotroneo e l'altrettanto immaginaria biografia di pittore, L'Angioletto, il romanzo più ottimistico dal cinico papà di Maigret. Due volte nelle vetrine di libreria, come autore e come soggetto, il grande scrittore belga apre di dirittto la stagione letteraria. Roberto Cotroneo nel suo romanzo Betty (Bompiani, 190 pagine, 16 euro) immagina dunque che Simenon lasci un diario, ma destinato a essere distrutto perché l'ultima opera deve rimanere l'autobiografia, Memorie intime, «quella definitiva». Ma misteriosamente il manoscritto capita nelle mani di un narratore che tramanda la testimonianza. Siamo a Porquerolles, un posto vero: l'isoletta al largo della Costa Azzurra dove Simenon passava l'estate da giovane. Nella finzione, l'ottantenne Simenon torna a rifugiarvisi, segnato dal suicidio della figlia, per studiare insieme a un fotografo, Marc, con la sua Leica, le anime «in bianco e nero» degli abitanti dell'isola. Ma è soprattutto l'anima di Simenon a mettersi a nudo. Roberto Cotroneo parla con la voce di Simenon, in un gioco di rimandi, di scatole cinesi, di disvelamenti tra citazioni letterarie e cinematografiche (Betty è anche un romanzo di Simenon e un film che Claude Chabrol ne trasse nel 1960). Nelle foto di Marc, Simenon trova il volto di una donna bella, apotrebbe avere più di quarant'anni anche se ha il viso di una ragazza». È la Betty del titolo, una pittrice, che vive da circa quattro anni vicino al faro dell'isola e che ha lo stesso nome dato da Simenon alla dolorosa protagonista di un suo romanzo «uno dei libri», gli fa dire Cotroneo, «che mi ha avvicinato di più alla tentazione di scappare dalla mia scrittura, dai miei romanzi e dalla mia vita». Una situazione perfetta per uno di quei suoi romanzi che partono da un equilibrio spezzato: un Simenon anziano, tormentato dai dolori e dai ricordi, che per l'ultima volta usa la scrittura, in una forma solo privata, per capire una storia che ancora lo trascina e lo coinvolge. Insomma «un romanzo dentro il romanzo» della sua vita. Il protagonista è un uomo inseguito dalla vecchiaia, lui l'ipervitalista che ha avuto 11mila donne, che insegue i suoi sogni, che legge e rilegge le lettere di Federico Fellini: «I suoi sogni, ecco, i suoi sogni sono quello che non sono riuscito a imitare». Ma il sogno di Porquerroles si trasforma in un incubo: Betty viene ritrovata morta, è stata uccisa. Il commissario Dardenne indaga sul caso e vuole essere più bravo di Maigret. E poi c'è quel medico, Rigaud, che sembra anche lui il personaggio di una romanzo. Tutti cercano di coinvolgere Simenon e lui a ripetere come un mantra: «sono uno scrittore, questa è vita vera, non è un romanzo». Indizi, segnali, sospetti, coincidenze. Cartoline che tornano dal passato e legano la Betty di Porquerolles alla Betty del romanzo omonimo. Il finale ovviamente non va svelato perché quello di Cotroneo è anche un giallo. Ma, volendo immaginarsi «di Simenon», vorrebbe essere molto di più: libro di viaggio, esplorazione interiore in cui passato e presente, narratore e protagonista, romanzo e realtà sono la stessa cosa. Le cose, insomma, che riuscivano a Simenon, quello vero. La riprova? Fresco di stampa, L'Angioletto (titolo originale Le petit Saint, 197 pagine, 10 euro) che Adelphi, che continua a pubblicare tutte le opere di Simenon, propone nell'accurata traduzione di Marina di Leo. Scritto a Épalinges (cantone di Vaud, Svizzera) nell'ottobre 1964, il romanzo uscì l'anno seguente dalle Presses de la Cité e l'autore si aspettava una grande accoglienza, tanto che fece apporre sulla copertina una fascetta da lui dettata; «Finalmente l'ho scritto!» Considerava il romanzo come punto d'arrivo in un clima d'ottimismo a lungo perseguito e finalmente raggiunto, anche per ragioni familiari. Si era da poco separato dalla seconda moglie, la terribile Denyse, unendosi alla più dolce e semplice Teresa, propensa a regalargli, finalmente, un po' di pace. ABITUATI a un Simenon che sa introdurre con acume psicologico il suo bisturi dentro le brutture e le debolezze dell'animo umano, creando inquietanti capolavori, proviamo una certa meraviglia, leggendo L'Angioletto. È la biografia immaginaria dell'immaginario pittore Louis Cuchas, dall'infanzia povera in via Mouffetard (e l'autore visitò quei luoghi con curiosa cura per descriverli nella maniera più verista possibile) fino alla vecchiaia. Il romanzo abbraccia tre epoche. La prima, comprende i cinque capitoli iniziali, relativi all'infanzia di Louis, nell'universo isolato di quella via abitata da diseredati e indigenti; la seconda parte narra l'adolescenza del protagonista, la scoperta della vocazione per la pittura e le prime esperienze; l'ultimo capitolo, quello dell'età adulta, ripercorre la carriera del pittore divenuto ormai famoso, un'autentica leggenda, eppure rimasto sempre il bambino dall'occhio limpido e svagato che sembrava non guardare niente e invece «guardava molta gente e molte cose, ma non quelle che ci si aspettava lo interessassero». Il bambino mite, che non reagiva alle aggressioni, ai soprusi degli altri, un angioletto, dotato di una santità laica, come ce lo dipinge l'autore, alla ricerca di una purezza artistica, purezza dell'anima, anche nel colore. L'appartamento in cui abita la famiglia Cuchas è miserabile: vi vivono, in promiscuità malsana, sei figli di padri diversi, abbandonati a se stessi. La madre, fruttivendola ambulante, vi si intrattiene disinvoltamente con amanti occasionali, mentre il suo ultimo uomo, alcolista, ridottosi a vivere sotto i ponti, muore suicida. La piccola Émilie viene trovata morta senza che nessuno si fosse preoccupato di lei. Louis — anche la notte in cui vede il fratello maggiore, poco più che undicenne, alzarsi la camicia e dire ad Alice, che di anni ne aveva solo nove: «Fammelo!... E sta' attenta con i denti» — l'«angioletto» Louis non ne è turbato né tanto meno sorpreso. Tutto assorbe e tutto conserva nella mente, per farne un giorno materia della sua arte, senza lasciare che le infamie della vita inquinino il suo sguardo puro, pronto a riflettersi in pennellate di «colori puri». Ci voleva la penna di Simenon per renderla una storia avvincente e plausibile.


Grazia Giordani
Pubblicato in Arena e nei consueti quotidiani venerdì 20 settembre 2013







Grazia Giordani

Data pubblicazione su Web: 20 Settembre 2013

Torna all'indice delle Recensioni