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Sylvia,
di Leonard Michaels, Adelphi

Sylvia, l'amore malato precipita verso il suicidio
È uno sconvolgente e perturbante romanzo «Sylvia» di Leonard Michaels che Adelphi (pag. 129, euro 16) ci propone ora tradotto da Vincenzo Vergiani. Racconta del suicidio della prima moglie dell’autore nel Greenwich Village agli albori degli anni Sessanta, ovvero nel periodo in cui «Elvis Presley e Allen Ginzberg erano i re del sentimento e la parola AMA risuonava come un proclama con la forza di UCCIDI e attraverso le finestre del soggiorno si sentiva la gente camminare in un carnevale demente, urlante, attaccando briga, assetata di cattiveria».
Ci troviamo sotto gli occhi, proseguendo nella lettura, l’esempio più classico di un «amour fou», di un sentimento che se non sapessimo aver legato veramente lo scrittore a questa stranissima donna, potrebbe suonare come mera invenzione letteraria. La narrazione è uno strano ibrido letterario verosimile di un fatto, purtroppo, realmente accaduto, giocato sui brani di diario (dal dicembre 1960 all’agosto 1963), capaci di creare l’espressione più tangibile tra memoir e romanzo.
In «Sylvia» l’amore inizia nel più casuale dei modi, come spesso accade nella vita di molti di noi. Dopo un insoddisfacente corso post universitario, Leonard torna a New York, supportato da una famiglia sempre compiacente e protettiva. Va a trovare una vecchia amica nel Village che gli presenta un’enigmatica ragazza bruna, dal fascino egizio. La scintilla d’amore si accende immediata. scrive l’autore. Il romanzo assurge alla dimensione paranoide di un saggio sul disturbo della personalità di cui la protagonista è chiaramente affetta, maniacale in tutto e, ai nostri occhi, abbastanza insopportabile. Ma Leonard l’ama, l’asseconda, mentre Sylvia, ossessionata anche dalle dimensioni del suo naso che non ha nulla di anomalo, cade in una spirale senza fine di gelosie e sospetti. Ci sembra di sentire l’odore perverso della droga che aleggia nell’aria del sordido appartamentino in cui vivono i due protagonisti che finiranno – ahimé – anche con lo sposarsi, tra liti infernali e riconciliazioni perverse. Perché un clima di perversità e perversione si respira dall’inizio alla fine della lettura. Sylvia non vorrebbe che Leonard scrivesse, perché si sente trascurata, inadeguata, non abbastanza amata, nonostante i furibondi amplessi.
Un noir d’amore malato è in definitiva questo romanzo quasi autobiografico che precipita in un esito devastante anche perché i protagonisti sono incapaci di comunicare con savia razionalità «troppo istupiditi dal sentimento per divertirci – scrive nell’incipit l’autore – Proseguimmo insieme frastornati, alla deriva in quel caldo onirico».
Leonard Michaels (1933-2003), dopo il suicidio di Sylvia, riuscì a dare un senso alla sua vita, autore di numerosi racconti di grande successo, di svariati saggi critici e autobiografici e di due romanzi, passò la prima parte della sua vita a New York e in seguito si trasferì in California, dove insegnò a lungo letteratura inglese e americana all’università di Berkley. «Sylvia, scritto inizialmente come breve testo autobiografico, fu ampliato e pubblicato come romanzo nel 1992» .
Grazia Giordani

Grazia Giordani

Data pubblicazione su Web: 13 Ottobre 2016

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