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La Troga
di Giampaolo Rugarli, Adelphi

<> Quando la realtà supera di molto la fantasia
IL LIBRO. La riproposizione di Adelphi
«La troga»: quando
la realtà supera
di molto la fantasia
Grazia Giordani
L'opera di Rugarli è un'istantanea della storia italiana fra anni '70 e '90
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lunedì 06 febbraio 2017 CULTURA, pagina 49
Ardita impresa quella di Giampaolo Rugarli (1932-2014) di rappresentare, come in una pièce teatrale, la realtà italiana degli ultimi cinquant’anni. E già il titolo poliedrico ed enigmatico «La troga» (Adelphi, pp.248, euro12), c’incuriosisce e spinge a leggere senza interruzione, queste concitate pagine che, a suo tempo, tanto piacquero anche a Leonardo Sciascia. Che in proposito scrisse: «Nella Troga si intravedono tanti di quegli elementi che appartengono alla storia italiana dell’ultimo mezzo secolo che si finisce col leggerlo come se quella storia appunto fosse stata reinventata in una sfera surreale, metafisica: da sogno, da incubo . . . il lettore ne ha come un senso di sdoppiamento mentre segue con divertimento il vertiginoso ritmo della vicenda “inverosimile” ne va riscontrando nella memoria i particolari “veri”. Democrazia Cristiana, terrorismo, P2, mafie di ogni sorta, sfascio dell’amministrazione giudiziaria, tangenti: tutta la cronaca della corruzione italiana di questi anni confluisce nel libro, vi si amalgama, vi si esalta: con feroce allegria, con allegra ferocia. E i personaggi hanno a momenti i tratti fisici, il linguaggio, i tic di altri che campagne elettorali, scandali, cronache parlamentari e crisi di governo ci hanno fatto ben conoscere». E la vita reale di adesso sembra essere un prosieguo di quanto rileva Sciascia. Nulla è cambiato, se non in peggio.
L’Autore ricorre alla metafora poliziesca, già nell’incipit, del commissario Pantieri, pacifico piccolo borghese che si trova a ricevere una donnetta anziana delirante che lo mette sulle tracce di una fantomatica associazione criminale: la troga, appunto. Nome equivoco e polivalente che può indicare un agglomerato di cose: droga, toga, trota, tregua e via dicendo, scomodando persino l’etimo di verbi greci. Viene sequestrato l’onorevole Lauro Grato Sabbioneta, alter ego immaginario dell’ onorevole Aldo Moro. E da qui si scatena una danza forsennata di agnizioni ed anagrammi che tristemente divertono autore e lettori.
All’autore riesce insperatamente possibile, ricorrendo a giocosi espedienti, narrare le vicende italiane dell’ultimo ventennio, dandoci conto anche di un «Paese orribilmente sporco» (Pasolini), come, a suo avviso, fu l’Italia democristiana.
In effetti, dal1970 al 1990 ne capitarono di tutti i colori, al punto che il romanzesco è superato dalla realtà, in quanto ad attentati, bombe, trame segrete, depistaggi, scandali, corruzioni, sequestri, assassini e non sapremmo più che altro aggiungere.
In questo romanzo, volutamente delirante, la realtà sovrasta di gran lunga la fantasia.
Rugarli è riuscito in pieno a darci una visione dell’inenarrabile cronaca italiana, mantenendo sempre un’ottava sopra, volutamente eccessivo perché in lui il sarcasmo è debordante e sembra sbucargli fuori da tutte le tasche in una ridda che un po’ ci diverte e molto ci preoccupa.
Cantore di uno squallido avvenuto che è ancora in fieri mentre ne parla, ci dimostra, fra l’altro come la politica e la criminalità siano – ahinoi – pervase dalla stessa logica; la lotta politica è faida personale; il terrorismo ha invalidato possibilità rivoluzionarie, l’opposizione è a corto d’idee. E via dicendo lungo questa via lastricata di disperante sfacelo. Mentre L’autore ci parla, nelle parole del libro il martellare di una pioggia costante affligge una Roma sfatta, abitata da extracomunitari, coperta da immondizie. Chiusa la pagina, avremmo voglia di una favola, di qualcosa che ci tiri su, pur sapendo che la realtà è questa. Inutile illuderci.


Grazia Giordani

Data pubblicazione su Web: 06 Febbraio 2017

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