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Sotto una stella crudele
di Heda Margolius Kovaly, Adelphi

I ricordi di Heda sopravvissuta a Hitler e a Stalin
Il Libro Le memorie della Kovàly per Adelphi
I ricordi di Heda
sopravvissuta
a Hitler e a Stalin
Grazia Giordani
«Sotto una stella crudele» descrive il dramma di una donna e la sua fuga
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lunedì 24 aprile 2017 CULTURA, pagina 57
La storia dello spirito indomito di una donna straordinaria, sopravvissuta due volte: all'Olocausto e alla dittatura comunista in Cecoslovacchia, sembrerebbe fiorire da una vivida fantasia, tanto appare inverosimile. Eppure è un doloroso fatto vero che leggiamo avidamente e molto commossi, nel libro di memorie di Heda Margolius Kovàly «Sotto una stella crudele Una vita a Praga1941-1968» (Adelphi, pp.214, euro 20, traduzione di Silvia Pareschi).
«Custodisco il passato dentro di me ripiegato come una fisarmonica, come uno di quei libretti di cartoline, piccoli e ordinati, che la gente porta a casa per ricordo di città lontane. Ma basta sollevare un angolo della prima cartolina per liberare un serpente interminabile, zigzag dopo zigzag, il simbolo della vipera, e di colpo tutte le immagini mi si allineano davanti agli occhi». E non stentiamo a crederlo che mentre Heda scrive la sua strabiliante storia, i due serpenti più velenosi prendano le sembianze di Adolf Hitler e di Josif Vissarionovič Stalin.
Seguiamo la sua fuga dai campi di deportazione, trattenendo il respiro, ma la parte che maggiormente ci colpisce è l’accoglienza che le riservano a Praga gli amici di un tempo, quelli che le avevano giurato eterna solidarietà. La sua vita da clandestina non è tanto meglio di quella da deportata. Non trova alloggio, non trova cibo; i suoi amici sono sopraffatti dall’orrore per le rappresaglie naziste. Tanta è la sua disperazione, che medita persino il suicidio: «Salii su un ponte e mi sporsi dal parapetto. Sotto di me la Moldava scorreva mormorando, scura e fredda. La distanza fra il ponte e l’acqua sembrava enorme. Dunque quella era la fine del mio viaggio. Quella era la libertà che nessuno poteva immaginare: la libertà di un uccello, la libertà del vento, una libertà senza persone. Una libertà senza uscita, solitaria e spaventosa quanto il fiume sottostante. Mi tolsi i guanti e appoggiai le mani sulla fredda pietra del ponte». Ma l’istinto di attaccamento comunque alla vita ha il sopravvento.
Finalmente la guerra finisce e la primavera del 1945 ci fa ammirare il fascino di una Praga radiosa nello splendore dei suoi giardini, tanto che Heda scrive: «diventammo ciechi di fronte alle ombre minacciose, ai segni premonitori di un futuro incerto». Infatti, due mesi dopo la liberazione, suona un’altra musica. Cominciano i soprusi, il mercato nero. Ed è proprio nel 1952, nel pieno clima della «rinascita comunista», che il marito dell’autrice, Rudolf Margolius, alto funzionario governativo, verrà condannato, innocente, all’impiccagione nel clima plumbeo e maligno del processo contro il segretario generale Slànsky.
Sono pagine toccanti, sempre più dense di particolari e soprattutto sincere quelle di Heda Margolius che entra insieme al figlio Ivan nel periodo del «silenzio attonito, terrorizzato». Solo le seconde nozze con Pavel Kovàly darannno a lei e ad Ivan una possibilità di sopravvivenza e riscatto.
Ma la tragedia sembra non dover avere mai fine, perché quando sembra ci si stia avviando verso un happy end di esistenze tanto martoriate, quando dopo la Primavera di Dubček, tutta la popolazione che aveva raggiunto il massimo del sollievo e della felicità, riversandosi festosa nelle strade, si scontra col massimo degli orrori: l’arrivo dei carri armati sovietici.
E tutto questo apprendiamo dalla sobria, luminosa prosa di Heda Margolius Kovàly (1919-2010) che, nata a Praga, emigrò negli Stati Uniti nel 1968, dopo l’invasione sovietica della Cecoslovacchia.
«Sotto una stella crudele» uscì per la prima volta in Canada nel 1973.
Grazia Giordani

Grazia Giordani

Data pubblicazione su Web: 25 Aprile 2017

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