I racconti di Grazia


La moglie

Le chiavi le caddero di mano, andandosi a conficcare – maledizione! – proprio nella grata di un tombino. Fu così, chinandosi, che Carla rivide, con un balzo al cuore, quella inconfondibile caviglia di donna, un tempo molto avvenente, con l’età troppo rinsecchita, ma che portava traccia di una bellezza «passata ma non del tutto guasta».
Poteva permettersi una calza grossa, Elodia, e scarpe a tacco tozzo, mantenendo comunque, nel tempo, un’aria inconfondibile di donna che era stata avvenente.
Indossava un tailleur scuro, niente di speciale, non aveva quasi maquillage, eppure non passava inosservata.
Per Carla era uno strazio ogni volta vederla.
Sensi di colpa e compassione (per lei e per se stessa) le foravano il cuore.
Per lunghi anni era stata l’amante di suo marito, ma adesso che Ermanno era morto, non avrebbero potuto avvicinarsi, parlarne, consolarsi a vicenda come due vedove?
«Hai un bel coraggio!» - le aveva detto un’amica severa di quelle inesorabili che il tradimento lo ammettono solo virtuale, senza abbandonarsi a una passione fisica, senza cedimenti veri della carne vera.
Sì, lei il coraggio, lei, lo avrebbe avuto, di abbracciarla, chiedendole perdono.
«Non sognarti - sempre l’amica – abbi rispetto per il suo umiliato dolore».
Quel giorno, dopo l’episodio delle chiavi, la seguì a distanza.
La vide perdersi tra i banchi del mercato.
Toccare appena una cesta di frutta.
Scegliere un melone.
Aveva ancora nelle narici il profumo del melone consumato con lui, quel giorno in collina, seduti in un piccolo locale all’aperto, sotto una pergola di vite americana. Rivedeva le sue mani aristocratiche separare il grasso del prosciutto, con forchetta e coltello, e risentiva l’ironia distratta della sua voce.
Ecco, ora Elodia entrava dal macellaio con cui parlava sottovoce, acquistando una sola bistecca.
Che tristezza mangiare sola!
La seguì fino al parco, sedendosi lontana.
Due solitudini separate, le loro.
Il mio è il pianto del coccodrillo – pensò Carla – non mi sono mai trattenuta dal recare dolore alle altre donne, bisognosa di conferme, di mettermi sempre a confronto, di prevalere.
Passarono i giorni e Carla si accorse di pedinare quasi quella moglie da lei tradita.
Le parve di rivivere, attraverso lei, il suo amore finito sottoterra.
Ammirava la sua eleganza naturale, senza ostentazioni, il suo dolore composto, rassegnato.
L’aspettava all’angolo anche per delle ore e, a ragionevole distanza, cercava di starle dietro, indovinando le sue mosse.
Una mattina, la vide uscire con passo più rapido del solito, e fare quasi circospetto.
Indossava un abito nuovo e un cappello a larga tesa che ombreggiava lo sguardo grigio perso dentro la raggiera di segni del tempo.
Si diresse verso un caffè del centro.
Sedette a un tavolo esterno.
Un uomo alto, prestante, visibilmente più giovane, la fece accomodare, scostandole la seggiola. Si guardarono teneramente negli occhi. Lui prese la mano di lei fra le sue, ne girò il palmo e vi impresse al centro un bacio lungo, incurante dei passanti.
Carla provò una mortale stretta al cuore.
Ora era lei a sentirsi tradita.

Grazia Giordani

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