I racconti di Grazia
La sottoveste
Penso che molti di noi conservino uno stipo, vero
o virtuale, in cui nascondere ricordi. Nel caso mio, avevo quasi dimenticato
quel cassetto in fondo che non apro da anni, in un mobile in cantina, con dentro
indumenti più che datati, fra cianfrusaglie spaiate. Chiuso male, lasciava
intravedere la bretella di una sottoveste, veramente, della sottoveste per eccellenza,
visto che aveva vestito (o svestito?) il corpo di donne della mia famiglia,
mutando foggia negli anni.
Non è un segreto il fatto che un tempo non si gettasse nulla.
Oggi, il verbo “rimodernare” non avrebbe senso e farebbe sorridere
i nostri figli.
In origine, ampia e intarsiata di entre deux a sfilato siciliano (pensate la
fatica delle sfilatrici e ancor più a quella delle rammendatrici che
dovevano reinserire i fili erroneamente estratti!) aveva vestito la delusione
sicula di zia Ignazia. Avrebbe dovuto sottostare al suo abito di nozze, se il
moroso non l’avesse piantata a pochi giorni dal matrimonio.
Ridotta, accorciata, aveva in seguito, vestito la civetteria di Hena, mia madre
che aveva preteso la si tingesse di rosa acceso e che i ricami e il pizzo ornassero
piuttosto la scollatura, così da renderli semimanifesti in un tivedoenontivedo,
di ingenua malizia. Così la ricordo occhieggiare dai suoi mitici talilleur,
quelli con la gardenia all’occhiello.
In un passato meno lontano – priva di buona parte degli abbellimenti –
è stata ridotta a sottovestina per i miei anni infantili. Ricordo la
disperazione per averla strappata all’orlo, cercando di salire sui rami
di un ciliegio, ospite di zii in campagna.
Mia madre era inesorabile nei confronti dei danni alle “cose” («lMamma,
perché dai così peso agli oggetti? – Le persone potrebbero
tradirti, le “cose” non ti tradiranno mai»). Un provvidenziale,
certosino rammendo – ad opera di chi mi ospitava - nascose, per anni,
la mia malefatta.
Ho deciso, proprio stamani, che la storica sottoveste verrà degradata
a straccio, eppure, nello strapparla a strisce, mi è parso di sentire
i singhiozzi di Ignazia, misti alla risata sensualissima di Hena e al mio pianto
di bambina.
Grazia Giordani