I racconti di Grazia

Mistero a margine

Vive con coerenza, questa raffinata Signora dai gusti difficili, perseverante nel preferire gli accordi di colore meno appariscenti nell’abbigliamento (se nella mia princesse prevale il rosso sul grigio, meglio scegliere gli accessori color fumo – pensa) ed entusiasta sempre dei brani musicali in tonalità minore, in verità – sotto questo profilo – cocciutamente ostinata in maniera troppo assolutista e in qualche modo geometrica, poiché nell’arte si sa che non esiste una regola fissa per cui possa essere sempre valido un assioma. Tra i suoi libri di culto, poco noto al grande pubblico, trova posto nella sua vasta biblioteca, Marginalia di Arnaldo Pini. Questo sofisticato saggio, opera per pochi, è appunto una collezione di aforismi e note critiche, quasi di chiose soprattutto alle pagine di Nietzsche e Dostoevskij che Pontiggia ha prefato con penna veramente coinvolta. In carattere con la sua opera, anche Pini era vissuto ai margini, toccato di striscio dal premio Viareggio, gratificato dall’amicizia con Cristina Campo, Luzi, Montale e Landolfi, solo per citare alcuni dei grandi personaggi con cui aveva avuto dimestichezza, responsabile, un tempo, delle mitiche “Giubbe Rosse” fiorentine, uno dei caffè letterari più noti d’Europa.
Sì, questa nostra Signora (di cui non riveliamo la vera identità, sapendola molto ombrosa), preferisce le brume leggere ai cieli sfavillanti di un azzurro offensivo, le albe di perla ai tramonti incendiati da fiamme di sgargiante rubino, ama la sordina, vorrebbe non udire mai l’urlo della vita.
Sappiamo che conserva, fra le sue cose più preziose, una vecchia edizione dei gozzaniani Colloqui, non solo perché affascinata dalla penna dolente del poeta, ma anche e soprattutto per il paesaggio dell’anima, quasi una vita a parte, che brulica dentro gli spazi bianchi a margine della stampa. Si tratta di strambe chiose iconiche di un misterioso lettore, note disegnate con matita dalla punta sottilissima. Il tratto è deciso, con rare scoloriture, animato da una vis ironica che si può meglio cogliere se muniti di lente d’ingrandimento.
La Signora ci ha fatto ammirare questi margini del testo istoriati, senza mai profferire commento, del tutto muta alle nostre osservazioni espresse a voce.
“La luna prigioniera tra le sbarre” stranamente era stata la frase che più aveva impressionato questo commentatore sui generis ne La Signorina Felicita. Ci saremmo aspettati che commentasse, con un adeguato ritrattino, la “bellezza fiamminga” di questa ragazza antica, oppure la paccottiglia che le faceva corona. Perché questa prigionia delle luna? Si sentiva solo, emarginato, proprio lui che affrescava i margini di un libro? Certo che a perdersi in queste elucubrazioni si rischia di diventare un Freud dei poveri e non si approda a nulla, però è bello anche fantasticare sul Poeta estroso che si prendeva il lusso di scrivere Nice, così come lo si pronuncia, inducendo il suo commentatore per immagini a disegnarvi a margine una deità vittoriosa. Nostalgie dell’etimo greco? Ecco che ricadiamo nell’insidia delle troppo facili deduzioni psicologiche!
A margine de L’amica di Nonna Speranza vediamo la caricatura di una zitella, prima accuratamente vestita (oddio come assomiglia a molti ritratti di casa nostra!) e poi denudata (che il commentatore anomalo amasse Goya e la sua celebre Maja?). No, propendiamo per credere che volesse semplicemente scherzare, mettendo alla berlina le giovani di un tempo. O le giovani in assoluto. Certo che nel disegno “desnudo” ha un po’ esagerato, si è lasciato prendere la mano, con un’ironia lasciva che ci è parsa eccessiva. C’era bisogno di ritrarre la giovane donna a cosce spalancate, senza nulla lasciare alla fantasia? Addirittura pornografico, tanto ha insistito nei particolari del pube offerto. Chissà perché ha trattato peggio la signorina di buona famiglia della conclamata Cocotte. Mistero dei misteri.
Credevamo che i nostri dubbi sarebbero rimasti irrisolti. Pensavamo che l’ineffabile Signora, dopo averci concesso il privilegio di apprezzare i margini delle pagine gozzaniane, avrebbe chiuso senza una parola il suo libro. E invece, quando stava per congedarci, ha aperto uno stipo, estraendo una lettera che ci ha letto con voce rauca e rotta dalla commozione.
Quel giovane commentatore, nelle sue brevi righe, salutava la vita.
Forse proprio la Signora era stata il suo amore perduto e quindi la causa della sua prematura fine.
Avremo preferito concludere questa pagina dicendovi che il giovane aveva fatto carriera nel mondo dell’arte o almeno del fumetto. Oppure che aveva sposato la Signora (premio o punizione, in questo caso?).
Avremmo preferito, ma non possiamo modificare il Fato.

Grazia Giordani

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