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Helga restò a lungo
silenziosa, dopo le stupefacenti rivelazioni di Carlo.
Le ombre della sera tingevano di violetto il cielo; alberi e case si stagliavano
scuri all’orizzonte, sotto il suo sguardo reso triste, anzi avvilito.
«Vorrei che diventaste amiche.»
«Sì.» – si limitò a rispondergli, sempre
più consapevole del fatto che nella vita ci sono vincitori e vinti.
Ora avrebbe dovuto reprimere quel suo interesse per Carlo, l’emozione,
anzi l’eccitazione che lui riusciva a suscitare in lei; i progetti
che aveva fatto. Due cottage vicini avrebbero favorito gli incontri; parlare
con lui di letteratura l’affascinava, anche se trovava troppo complessa
e tortuosa la sua cifra letteraria.
Oddio, lo ammirava tanto e non aveva capito che lui aveva già una
compagna!
«Domani – se vuoi – verrò a conoscerla.»
Fu una notte dura, quella, per Helga.
Normalmente, i dolori si associano, hanno il potere di richiamarsi l’un
l’altro all’appello, così la nuova delusione subita,
inevitabilmente, le fece rivivere l’abbandono di Sandro. Nella sua
sofferenza non vi era nulla di tragico, di disperato (non apparteneva
certo alla razza di quelle donne che si sarebbero gettate giù dal
Ponte del Diavolo, com’era accaduto ad alcune, lì in zona,
per una delusione simile), il suo era un patimento sordo, un rovello interiore
che lavorava sotto, come un male sottile.
Nella tarda mattinata dell’indomani, si avviò verso la casa
di Carlo per conoscere Fatma.
Il sole non badava a spese, quel giorno, irrorando la vita intorno di
una luce talmente violenta, da essere quasi offensiva. Almeno così
a lei parve, ulcerata nel cuore com’era in quel momento. Eppure
non perdeva il suo autocontrollo, quella calma apparente che la faceva
sembrare molto “inglese” agli occhi del prossimo.
Carlo l’accolse con un abbraccio, più espansivo del solito,
come se volesse farsi perdonare (ma cosa poi, visto che mai l’aveva
corteggiata o illusa in qualche modo?), oppure desiderasse mascherare
il suo momentaneo imbarazzo, sotto la maschera di un’eccessiva disinvoltura.
«Così sono entrambi mascherati – pensò amaramente
– lei per la crudeltà del marito; lui per la situazione del
momento…»
E ogni volta che Helga era attraversata da una considerazione acida, si
meravigliava di se stessa.
La casa non presentava una stanza d’ingresso. Si entrava subito
nel cuore dell’abitazione. Una camera vasta, arredata con mobili
bassi di legno grezzo; pareti bianche; la nota di colore era data dai
tappeti bellissimi.
«Vengono da Bagdad.»
Fatma comparve quasi subito.
Snella, dotata di un’eleganza naturale, indossava ancora un abito
lungo, con un copricapo dello stesso colore.
Parlava piano, quasi sussurrando dietro lo schermo della maschera.
Si sedettero vicine.
Helga non osava quasi guardarla.
Provava un misto di pena e tenerezza per lei.
Accettò volentieri l’invito a pranzo.
Nel primo pomeriggio tornò a casa meno triste, in fondo contenta
di averla conosciuta.
Grazia Giordani
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