I racconti di Grazia
OMBRA
La tinta polvere di cielo e mare mi parve un colore
letterario, soltanto pensato per scriverne adesso; invece stavo "vivendola"
in quel momento, proprio mentre stavo camminando a fianco del mio anziano
amico. E fu lì - in quell'istante - che ebbi anche piena consapevolezza
della vecchiaia di Sandro: camminava con passo greve, lasciando orme profonde
lungo il bagnasciuga, mentre con mano lenta, chiazzata di efelidi che sembravano
piccoli schizzi di caffè, cercava di togliersi da un occhio un cernecchio
ispido, rivolgendomi a tratti, uno sguardo opaco, di persona che non ha più
troppe curiosità, che guarda la vita attraverso un filtro che ne sfumi
i contorni.
Soffocò dentro un aspro colpo di tosse l'inizio di un discorso che si
perse nell'acciaio del mare. Riprese la parola sogguardandomi di profilo, come
se non volesse esporsi ad un rapporto troppo diretto, quasi parlasse a se stesso,
impaurito dalle emozioni.
"Perché mi chiedi sempre di Lorernzo? Sai bene che è stato
il mio partner privilegiato di disquisizioni intellettuali, di sogni giovanili.
Una specie di alter ego per spirituali affinità elettive; un amico
di rara intelligenza e di rarissimo cuore. Cosa ti spinge a tanta insistente
curiosità?"
"Sei dunque così egoista da non voler dividere, nemmeno virtualmente,
con me il privilegio di tanto eccezionale amicizia? O meglio - mi correggo -,
il ricordo di un sentimento tanto grande ed irripetibile? Non ho mai conosciuto
nessuno di tanto speciale, artista dell'idea, poeta e pittore inquietante e
quindi non vedo nulla di male nel fatto che mi piaccia un poco sognare sui vostri
dialoghi giovanili, sul vostro parlare di letteratura e filosofia. Avrei voluto
vedervi, non solo immaginarvi, quando anche voi, come Gottfried Benn, sognavate
il grande autore dello Zarathustra, al punto da non poter più
nemmeno "fare un passo della vostra vita senza adorare questo sogno".
Avrei voluto anche sentirvi parlare di ragazze, capire in quale conto tenevate
la donna e quale donna poteva attrarvi. Avrei voluto indagare dentro le vostre
speranze, lasciarmi cullare dalla brezza delle vostre malinconie. Sedermi con
voi alle "Giubbe Rosse", rabbrividire per la prima cucchiaiata di
gelato, quella che apre la via al primo frammento di sapore".
"Sei certa che avremmo gradito questa tua intrusione? Questo tuo voler
rubare il miele della nostra amicizia, l'esclusività delle nostre confidenze?"
"Oh, sì. Avrei fatto di tutto per farmi amare..."
"Da me o da lui? Attenta che era un fascinatore. Un uomo irresistibile.
Avresti potuto restarne folgorata".
Un'onda più lunga, e già colorata di notte, bagnò in quel
momento le mie scarpe e l'orlo dei calzoni di Sandro. Stavamo entrando in un
autunno che già spasimava verso l'inverno.
La cenere, che sembrava tingere il nostro mondo di quell'ora, fu sopraffatta
dalla pece dell'ora notturna, forata in cielo da poche stelle e lì, vicino
a me, dalla brace della sigaretta che ora pendeva dalle labbra del mio amico.
Sentivo il suo respiro un po' ansimante (per la fatica di camminare sulla sabbia
bagnata o per l'emozione dei ricordi?), ma non smettevo di chiedere, di scavare
dentro lo scrigno, solo in parte aperto, mai veramente spalancato, della loro
giovinezza comune.
"Ho saputo che ha avuto una passione di fuoco per una bella donna e che
avrebbe voluto abbandonare moglie e figli".
"E io l'ho esortato a seguire la voce del cuore, ma la sua generosità
l'ha indotto a sacrificare se stesso, per evitare ai suoi di casa troppa sofferenza".
"Com'era quella donna? Descrivimela".
Sandro si voltò a guardarmi in volto nel buio, e - come se mi vedesse
solo allora -
"Era il tuo 'doppio'" - mormorò, accigliandosi.
"Un sosia? Un clone della mia immagine?"
"Basta, cerchiamo un posto dove mangiare"
Fu lui a riprendere il discorso, dopo un mio lungo silenzio, ormai seduti, all'interno
di un ristorante semideserto, davanti a un piatto di sogliole non troppo invitanti,
del tutto in carattere con il clima cupo che si era creato.
"Ti rendi conto della morbosità della situazione? Ti stai innamorando
di un morto, di un uomo che non hai mai visto, di cui conosci parzialmente l'opera
e l'originale pensiero. Ma cosa ne sai dei suoi tic, delle sue debolezze, del
suo modo di sorridere, arrabbiarsi, del suo odore, delle sue smorfie, dei piccoli
momenti della sua vita piccola. Anche i geni, i superuomini hanno momenti di
fisicità minima; non passano certo la vita a interpretare Nietzsche e
Benn. Sai se ti piacerebbe veramente toccare la sua carne ed essere toccata
da lui? Credi che un suo bacio ti farebbe impazzire, e magari l'odore del suo
fiato - fumava tante sigarette, sai? - potrebbe averti indisposta, male impressionata.
Non si può amare un uomo raccontato, eroicizzato. Non si può
innamorarsi di un fantasma, di un'ombra. Oltretutto, ingelosendomi, mi
fai essere involontario complice di una situazione così insana ed assurda".
Ci salutammo, stanchi per la passeggiata e ancora più per la difficile
conversazione. Salimmo nelle nostre camere, una di fronte all'altra. Sentivo
Sandro muoversi irrequieto. Temevo soffrisse, oppresso dalla sua sempre più
oscura fatica di vivere, complicata ora anche dal mio paradossale e capriccioso
atteggiamento.
Mi svegliai in un'alba di latte. Lo specchio rimandò l'immagine di un
donna appagata dalla consolazione di essere stata un doppio, ma risolta
a cambiare esistenza.
Grazia Giordani