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Dove la terra finisce di Michael Cunningham, Bompiani

PROVINCETOWN: LA CITTÀ DEGLI AMORI “TECNICAMENTE IMPOSSIBILI”
Non dovremmo mai commettere l’errore – quando incontriamo un capolavoro letterario – di aspettarci opere di pari finezza da parte della produzione seguente dell’autore; del resto nemmeno una madre partorisce, di regola, figli tutti ugualmente dotati. Con questo, non vogliamo dire che Dove la terra finisce, la nuova fatica letteraria di Michael Cunningham che la Bompiani ci propone nella splendida traduzione di Ivan Cotroneo, non meriti considerazione da parte del lettore, però, dopo il geniale e pluripremiato Le ore, (da cui è stato recentemente tratto un film di grande successo), pur passando attraverso Carne e sangue e poi alle ultime opere della sua originale penna, questo scrittore non ha più toccato il vertice della sua grandezza.
Tra il libro di viaggio, il diario strettamente personale, attinto da reali memorie, Dove la terra finisce è soprattutto l’omaggio intenso venato d’affetto di uno scrittore a Provincetown (Massachusets), la città-rifugio, la città-casa di tutti coloro che le convenzioni borghesi usano respingere.
“È la sola cittadina che conosca – scrive l’autore – dove coloro che vivono fuori dalle convenzioni sembrano superare numericamente coloro che vivono all’interno di canoni precisi come casa, matrimonio regolare, lavoro rispettabile e figli biologici. È il posto in cui persone che altrove vengono considerate reietti e paria possono diventare membri illustri della società”.
Cunningham ci fa quindi viaggiare dentro questa sua tanto amata città dove possono fiorire amori “tecnicamente impossibili”, abitata da meno di quattromila anime, situata “su di un lembo di terra all’estremità di Cape Cod”, facendoci familiarizzare con artisti, esseri sopra le righe e fuori dal consueto, soprattutto diversi dalla norma, personaggi che spesso popolano anche le pagine dei suoi romanzi, scrittura in cui proietta la sua essenza di uomo diverso.
E così ci addentriamo anche noi nella parte selvaggia di questa singolare cittadina di mare dove ci è offerta “una via di fuga dalla confusione e dal commercio” e abbiamo agio di conoscere Long Point, “la punta estrema dell’uncino di Cape Cod che languidamente si arrotola su se stesso”, e di vagare nella palude costiera, raggiungendo Herring Cove “una delle due spiagge pubbliche di Provincetown”, e veniamo a conoscere zone sabbiose piene di intatta bellezza “Ed è meraviglioso correre sulle dune di notte quando c’è luna piena”. In questo luogo magico si trova persino “una targa che commemora il posto in cui, più di cento anni fa, Marconi sedette giorno dopo giorno e notte dopo notte, convinto che avrebbe potuto comunicare non solo con i vivi degli altri continenti, ma anche con i morti”. E raggiungiamo Race Point, dove Cunningham afferma di apprezzare “in maniera speciale il piacere di una spiaggia popolata da gay”.
Via via conosciamo tratti aperti e nascosti del luogo e nello scorrere delle stagioni fatte di inverni solitari e di estati folte di trasgressivi amori, anche la vita e la morte prendono commovente forza nella scrittura sobria ed intensa dell’autore che ci fa entrare sempre più nel vivo di questa vita ciclica, dove al nugolo di vacanzieri estivi, si alterna il deserto invernale, tipico delle cittadine di mare, portandoci nel cuore di quel mondo gay che invade le spiagge d’estate, dentro il clima di amori e amicizie che accendono e spengono il vigore delle loro luci, sullo sfondo di colori mutevoli come gli stati d’animo di un’ umanità senza regole e spesso un po’ svitata.
L’autore non ci fa entrare solo nel mondo strano di artisti noti ed ignoti di questa cittadina sui generis, non ce ne fa solo apprezzare le paesistiche bellezze, ma ci introduce anche nel suo mondo più naturale, quello ittico, portandoci a spasso tra pesci e balene. “Noi che una volta le uccidevamo con la stessa violenza ed entusiasmo con cui i pionieri uccidevano i bufali delle praterie, ora paghiamo per salire sulle barche che ci portano a vederle” – scrive, con disincantata ironia, Cunningham, che dopo molte esitazioni, finisce a sua volta col capitolare, abbandonandosi alla meravigliosa esperienza.
Insomma, un’opera atipica, questo nuovo libro di Cunningham che, a metà tra la narrativa di viaggio e il romanzo finisce con l’essere un’intima confessione, vibrante di intensi sentimenti, quasi un reportage d’anima.

Grazia Giordani

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