Recensioni e servizi culturali


Il colore del paradiso di James Runcie, Garzanti

STORIA DI UN LEGGENDARIO TALENTO
Quando un regista pluripremiato, come James Runcie, con un invidiabile carnet di lavori per la BBC Arts and Classical Music e per la Oxford Television, autore di pregevoli copioni, decide di cimentarsi nel genere letterario del romanzo, la sua capacità teatrale esce fuori e la si avverte soprattutto nei dialoghi e nelle inquadrature.
Quindi, Il colore del paradiso («The color of Heaven») che Garzanti porta in Italia, ben tradotto da Sara Caraffini, riflette queste caratteristiche, presentandosi agli occhi del lettore che ama l’evasione proiettata nel mondo dell’avventura, come una straordinaria vicenda, tra favola e realtà, intessuta di vita e arte.
L’azione del romanzo prende avvio a Venezia alla fine del Duecento. Incontriamo Teresa, una giovane donna sterile che placa il suo dolore di maternità insoddisfatta, raccogliendo un trovatello, nonostante l’iniziale ostilità, di Marco, il marito, vetraio a Murano, non propenso ad allevare un figlio non suo. Entrambi i genitori finiranno con l’amarlo anche perché il piccolo Paolo, pur essendo miope, dimostra subito un raro e straordinario talento nella capacità di distinguere un vetro da una pietra preziosa, come se le sue carenze visive reali, fossero compensate da un terzo occhio soprannaturale.
Quando le doti eccezionali del ragazzo giungeranno all’orecchio del il pittore Simone Martini, l’artista deciderà di inviarlo alla ricerca dell’azzurro oltremare, considerato il colore perfetto. Metafora – questa – della ricerca della bellezza assoluta, fatta del meglio che la vita possa offrire. Metafora, anche, della ricerca di noi stessi, di quell’io profondo di cui spesso non siamo consapevoli.
E qui comincia il periglioso viaggio di Paolo, attraversato da incontri, densi di simbolismi di gusto orientale. Il giovane protagonista sembrerebbe un nuovo Marco Polo, anche se animato da motivazioni diverse. Giungerà ai confini del mondo, dalla Persia, all’Afghanistan alla Cina, imparando lezioni indimenticabili sui misteri della vita, crescendo e facendosi adulto anche nel cuore. Infatti, conoscerà il valore dei sentimenti, quelli veri, quelli irrinunciabili, per bocca di saggi che illumineranno il suo cammino.
Imparerà che la forza dell’amore è tanto possente da farlo sentire come se avesse raggiunto il limite della vita: «Ti trovi in un letto, non in battaglia, o per mare o ai piedi di questa montagna. In un letto. Sei comodo ma ti senti debole. Al tuo fianco c’è un calice pieno d’acqua, fatto di vetro veneziano. Non hai fame. E non ci sono distrazioni. Avere simili preoccupazioni sarebbe futile, perché sai che stai per morire. Stai aspettando con una certa tranquillità, la fine, l’ultima oscurità, il silenzio finale. E mentre aspetti, nella fioca luce della sera, scaldato dagli ultimi raggi del sole, ti accorgi che accanto a te è sdraiata una persona che cerca di tranquillizzarti e farti addormentare. Ma chi è questa persona? Com’è la sua voce? In quel momento capisci che la sua è l’ultima voce che sentirai sulla terra…»
E anche Paolo farà l’agognato incontro, quello dell’Amore che si assimila alla Morte, tanto è forte il sentimento. Insieme al mitico, leggendario azzurro oltremare con cui Simone Martini potrà dipingere il Paradiso, ha trovato Aisha e con lei «la furia dell’amore», la sensuale gioia dei sentimenti. Restare a Siena, godere della tranquillità in patria, a questo punto non avrebbe più senso, poiché «non era più possibile vivere lontano da Aisha. Sarebbe tornato da lei e le si sarebbe aggrappato. E avrebbe cresciuto il figlio di Aisha. Lo scopo della sua vita era imparare ad amare.»
Con questa lettura, ci siamo regalati una favola. Proprio perché la vita non è sempre facile, benvengano le gratificazioni al profumo di sogno.

Grazia Giordani

Torna all'indice delle Recensioni