Recensioni e servizi culturali
Il libro di Zaffiro di Gilbert Sinoué, Neri Pozza
ALLA RICERCA DEL MISTICO TESORO TRA VERITÀ E FINZIONE
  Un libro "in costume", per chi ama i testi anagrammatici, scritti 
  sul filo della cabala, questo Libro di Zaffiro, scritto da Gilbert Sinoué 
  e pubblicato per noi in Italia da Neri Pozza, per la bella traduzione di Marco 
  Cavalli. L'autore, nato nel 1947 in Egitto da madre francese e padre egiziano, 
  porta anche nel suo quinto romanzo l'eco di una cultura doppia e di un clima 
  religioso triplo, visto che al Cairo le sinagoghe convivono con chiese e moschee. 
  Nel '65 lascia la sua terra natale per trasferirsi a Parigi dove vive attualmente.
  Nella Toledo tardoquattrocentesca (1487) l'anziano rabbino Samuel Ezsra, il 
  maturo sceicco Inn Sarrag e il giovane monaco francescano Rafael Vargas ("...la 
  sua capigliatura bionda strideva al confronto con i capelli bianchi del rabbino 
  e la calvizie da erudito dello sceicco. I suoi occhi, di un azzurro profondo, 
  contrastavano con lo sguardo serio degli altri due") si trovano uniti e 
  quindi legati - nonostante loro - dal solenne giuramento prestato ad un comune 
  amico ebreo giustiziato durante un autodafé. Il romanzo si apre appunto 
  nel clima livido e cruento dei condannati al rogo dalla Sacra Inquisizione ("Le 
  pire, innalzate alla vigilia, si stagliavano sulla tela scarlatta del cielo. 
  I boia attendevano, impassibili. I defunti ostentavano la loro macabra presenza 
  in casse bituminose che contenevano i loro resti") e prosegue in una sapiente 
  alternanza descrittiva di momenti sereni e pagine drammatiche.
  I Tre, dopo lungo esitare, causato soprattutto dalla loro differenza religiosa 
  e culturale, decidono di avventurarsi - e la loro sarà una singolare 
  avventura teologica - alla ricerca di una misteriosa tavoletta di zaffiro - 
  quasi un sacro Graal -, in cui (stando alle parole del comune amico che ne aveva 
  preso visione), è impresso il verbo divino in risposta agli interrogativi 
  di fondo sull'umano esistere, a quei problemi basilari su cui si interroga da 
  sempre l'uomo. Chi si appresta a seguire questo itinerario iniziatico di sacra 
  ricerca dovrà sgombrare "la sua mente da ogni ostacolo" e nulla 
  dovrà distrarlo dalla lettura: "né il profumo smorto dei 
  gelsomini, né il canto del muezzin, ne il cicaleccio delle donne velate 
  che attingono l'acqua agli alijbes".
  L'unica guida dei tre eruditi, "affratellati" - invero abbastanza 
  obtorto collo -, sarà una mappa, ovvero una maxi-sciarada che 
  metterebbe in seria difficoltà gli enigmisti di più provata fama. 
  In loro soccorso potrebbe venire l'affascinate Manuela Vivero, amica intima 
  della regina Isabella di Castiglia, che afferma di aver conosciuto l'antico 
  proprietario della sacra tavoletta, ma non deve essere ignorato il fatto, che 
  ad ingarbugliare ancor più la già aggrovigliata matassa, s'insinua 
  l'artiglio del luciferino Torquemada, che vorrebbe investire Manuela dell'incarico 
  di spia, ai danni della ricerca del libro di zaffiro.
  Qualora l'intrigo sembrasse ancora troppo semplice, a complicare la concitata 
  ricerca e il conflitto di interessi che si coagula attorno alla Tavoletta (e 
  l'autore chiarisce a questo proposito come lo zaffiro o colore blu sia la pietra 
  celeste per definizione tale da riassumere tutta la simbologia dell'Azzurro. 
  Meditando su questa pietra l'anima potrebbe essere condotta alla contemplazione 
  dei cieli), entra in campo anche il confessore della regina, Hernando de Talavera. 
  
  Non c'è pace per i tre protagonisti che si salveranno per miracolo dagli 
  agguati degli eserciti cristiani e musulmani, mentre infuria la guerra di Riconquista 
  e serpeggiano fanatismo religioso e furore antisemita, nel lampeggiare sinistro 
  dei roghi degli autodafé.
  Verità e verosimiglianza, storia e fantasia danzano incalzanti nella 
  pagina, dove trova posto persino uno stravagante marinaio genovese che parla 
  castigliano e sogna di raggiungere le Indie; un nuovo ritratto controcorrente 
  del nostro Cristoforo Colombo, sulle cui origini, l'autore mette in luce due 
  ipotesi contrapposte e veramente suggestive: era di origine castigliana ed ebreo, 
  oppure era cattolico ed italiano?
  Una brezza metafisica increspa la pagina, quasi un controcanto perenne al paesaggio 
  interiore ed esterno dei personaggi, tesi fino all'ultimo, senza esclusione 
  di colpi, alla ricerca del loro agognato Tesoro.
Grazia Giordani