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Il mio piccolo amico di Donna Tartt, Rizzoli

Grande romanzo
Ogni tanto, nel campo della letteratura mondiale, germoglia un fulgido fiore, e questo è il caso de "Il piccolo amico", ultimo romanzo di Donna Tartt, per i tipi della Rizzoli, tradotto dalle belle penne di Idolina Landolfi e Giovanni Maccari.
"Volevo creare un mondo diverso, autonomo e altrettanto reale, quanto lo era il mondo di "Dio di illusioni" - afferma la scrittrice - E occorre molto tempo per accumulare i diversi strati che compongono la ricchezza di un mondo …non si può improvvisare. Inoltre, in questo libro, anche lo stile è diverso: non si tratta di un brano per un solo strumento, ma di una partitura per l'intera orchestra, per una serie di voci e di personaggi assai più vasta. In definitiva, nella stesura di questo romanzo si sono presentate difficoltà tecniche che semplicemente non avevo incontrato in "Dio di illusioni". In questo senso, portare a termine "Il piccolo amico" è stata per me una soddisfazione profonda, la ragione per cui mi sono impegnata in tutti questi anni"
Una "partitura per l'intera orchestra". E la giovane autrice, ormai celebre in tutto il mondo, non avrebbe potuto dire niente di più vero, tanto è composita la trama di questo suo thriller-romanzo di formazione noir-e molto altro ancora, perché ricco di intertestualità con atmosfere di altri romanzi, basterebbe pensare a "Il buio oltre la siepe" di Harper Lee - altro capolavoro - per capire cosa intendiamo.
Donna Tartt divenne una celebrità sull'onda di un suo solo romanzo. Ventottenne, pubblicò "Dio di illusioni", presto centro di ogni conversazione nel mondo letterario (un milione di copie vendute solo negli Stati Uniti, traduzione in 23 lingue, mezzo milione di dollari di anticipo e altrettanto per i diritti cinematografici venduti al regista Alan Pakula); un romanzo-"caso", come già era avvenuto da noi per "Il Gattopardo" di tomasiana memoria.
A dieci anni di distanza, questo nuovo libro vale la lunga attesa. È un storia stracolma di suspense, fitta di personaggi eccezionali e di inquietanti emozioni. Atto ad offrici il mondo visto attraverso lo sguardo di un'intelligente ed indomita dodicenne - Harriet - che ha alle spalle la dolorosa vicenda dell'omicidio del fratellino Robin, avvenuto quando lei aveva pochi mesi d'età ("Era appeso per il collo a un pezzo di corda, legato a un ramo basso del nero albero di tupelo, accanto alla siepe di ligustro che separava la casa di Charlotte da quella della vedova. Ed era morto. Le punte delle sue scarpe da tennis dondolavano a quasi due metri da terra. Il gatto Weenie, abbracciato a un ramo più alto, allungava la zampetta per giocare con i suoi capelli ramati, lucenti e scompigliati dal vento: l'unica parte di lui a non aver cambiato colore").
L' adolescente protagonista si porta tanto rancoroso dolore alle spalle, da meditare vendetta, nel clima sonnolento e accaldato di un'estate incastonata nella piatta provincia americana del Mississippi rurale. A confortarla nelle ricerche sarà l'amico Hely con cui si getterà in avventure temerarie (ricordate Huckleberry Finn e Tom Sawyer, tanto per restare in tema di intertestualità di atmosfere, come dicevamo più sopra?).
Autori grandi, fra cui anche Kipling e Poe, sembrano guardare l'autrice all'opera, così come ci era parso avvenisse nei confronti di Michael Cunningham "guardato" da Virginia Woolf, mentre scriveva "Le ore". Queste capacità di transfert - che non sono plagio - riescono solo agli scrittori di razza, e sono momenti di vera magia, anche per il lettore.
Romanzo da leggersi non solo per il climax crescente della scoperta dell'assassino (che a un certo punto non è poi più così importante come nei thriller della tradizione), ma anche per i rilievi sociali, la contrapposizione delle classi (feccia della società bianca; aristocrazia decaduta del sud) e soprattutto per il grande viaggio che l'autrice compie dentro il cuore dell'uomo; per quello scandagliare la natura umana, raccontando il delitto e la morte, per insinuarsi nei misteri della vita, inducendo il lettore a travalicare l'angustia di schemi prevedibili e fissi, poiché non sempre è facile discernere il Bene dal Male, obnubilati dalla sete di vendetta.
Un raro capolavoro in cui la creatività labirintica di Donna Tartt sa avvilupparci dentro la malia del suo avvolgente intreccio barocco.

Grazia Giordani

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