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Il piccolo Adolf non aveva le ciglia di Helga Schneider
ROMANZO VERITÀ SULLA FOLLIA DEL TERZO REICH
  "Il programma di eutanasia costò la vita a più di settantamila 
  persone del Terzo Reich" - scrive in una nota in appendice al suo ultimo 
  romanzo Il piccolo Adolf non aveva le ciglia, Helga Schneider - e prosegue "Anziché 
  proteggere i più deboli, il governo di Hitler perpetuò il loro 
  sistematico sterminio. Al contrario, la Germania nazista promulgò una 
  severa legge, contro la vivisezione e l'uccisione delle specie animali protette".
  Pubblicato dalla Rizzoli, il romanzo-verità della Schneider nasce da 
  un'intervista raccolta dall'autrice - che già aveva pubblicato con successo 
  l'autobiografico Il rogo di Berlino e la silloge di racconti Porta di Brandeburgo 
  - in Germania nell'autunno del 1966. Nomi e situazioni, spogliati degli anagrafici 
  connotati, nulla tolgono all'agghiacciante realtà storica. L'uso della 
  prima persona rende ancora più vivo il pathos narrativo, creando un inquietante 
  transfert tra scrittrice e lettori: è come se la Schneider indossasse 
  vesti, illusioni e sofferti pensieri di Grete - della donna sventuratissima 
  - che le ha rivelato le sue confidenze due anni fa. La narrazione è chiusa 
  dentro il movimentato flash back che corre tra il 1940 e il 1997: un ping-pong 
  storico e letterario che vivacizza il tessuto del romanzo fatto di rivisitazioni 
  di un doloroso passato, rinverdito dalla memoria.
  L'ottuagenaria protagonista racconta la sua esperienza nei lager camuffati da 
  cliniche nella Berlino anni Quaranta, quando da piccolo-borghese - figlia di 
  bottegai -, aveva fatto il grande salto sociale maritandosi con una SS, di nobile 
  estrazione, avvenente, amante dell'arte e della musica di Wagner ("ariano 
  perfetto"), con importanti mansioni riguardanti la questione ebraica. Quando 
  la giovane donna apre gli occhi, e si accorge di aver sposato un mostro che 
  le sottrae il tenero figlioletto, il neonato Adolf, colpevole di essere nato 
  imperfetto, e per questo motivo lo fa sopprimere, si stacca dal marito e dagli 
  ideali hitleriani in cui ella stessa aveva creduto. Il suo destino sarà 
  amaramente segnato poiché proprio l'inflessibile coniuge la farà 
  ricoverare nella costruzione "mascherata da clinica psichiatrica" 
  che alla giovane donna farà comprenderei di trovarsi in un luogo apprestato 
  per l'eliminazione delle "esistenze indegne di vivere, dei pesi morti della 
  nazione". "Sappi che approvo pienamente il programma di eutanasia 
  del Reich - le aveva detto il suo inflessibile Gregor - che elimina i pesi morti 
  della nazione e le esistenze... non degne di vivere. Trovo che sia una disposizione 
  estremamente progressista che in futuro sarà imitata da molti altri Paesi".
  La sfortunata Grete passerà attraverso peripezie strazianti, sarà 
  persino costretta ad un omicidio, per legittima difesa. Il suo efferato consorte 
  perirà, con la sua spocchiosa famiglia d'origine sotto un bombardamento. 
  Dopo tante sciagure, nessuno avrebbe sperato in un finale sereno, seppure velato 
  di malinconia, che giunge provvidenziale a stemperare la drammatica tensione 
  che ha reso partecipe il lettore. Figli e nipoti fanno corona intorno all'anziana 
  protagonista e al suo secondo consorte - il fratello di Gregor, da sempre dissenziente 
  nei confronti del nazismo -, eppure il piccolo Adolf non è del tutto 
  dimenticato. No, la vecchia madre non potrà mai rimuovere del tutto il 
  volto di quel suo figlio sfortunato e non potrà smettere del tutto di 
  pensare a "che vita sarebbe stata la sua, se fosse vissuto?"
  "L'ultimo bambino vittima del programma di eutanasia nazista - avverte 
  ancora in appendice la Schneider - venne ucciso il 29 maggio del 1945, malgrado 
  le truppe americane stazionassero ormai da trentatré giorni su quel territorio."
  Questo romanzo non è solo un documento sull'orrore della "dolce 
  morte" - come eufemisticamente la chiamavano i nazisti -, ma è anche 
  uno spaccato sociale, non privo di ironia, rivelato con penna asciutta che sa 
  indulgere a note colloquiali, mai urlate, con brevi abbandoni lirici ("Una 
  cappa di nubi solcate di sinistre striature, annuncia un imminente temporale" 
  - leggiamo nell'incipit; "Il sole calante fa scendere sul lago alcune manciate 
  di stelline dorate" - incontriamo più avanti -; "Un'alba impaziente 
  aveva fuso la notte come cera" - è la bella immagine simile a un 
  verso di Ungaretti) che regalano poesia a vicende che riteniamo sia impossibile 
  comprendere quanto necessario conoscere.
Grazia Giordani