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Ricerca di metafisica e realtà nel mondo monodimensionale di Maurizio Barozzi

E' nato nella terra grassa e saporosa che costeggia il Po - Maurizio Barozzi - di origine bassomantovana, e polesano d'adozione, pittore e scultore che vive e lavora da anni a Ceneselli. Formatosi all'Istituto d'Arte di Castelmassa e poi all'Accademia di Belle Arti di Brera, si è staccato in fretta dal rigore degli insegnamenti classici, per prendere una strada artistica tutta sua, maturata nel vissuto dei suoi giorni.
Se è vero che il grande Savinio usava sostenere che l'artista cerca di portare sulla tela l'uomo nascosto, il nostro cenesellese cerca invece l'uomo manifesto, o meglio quella che a lui appare essere mnifestamente l'anima di uomini e cose. L'uomo è comunque e sempre al centro della sua ricerca, raramente singolo, poiché Barozzi ha una visione corale della vita : il coro nel suo canto cromatico vale più della voce solista, egoisticamente ripiegata su se stessa.
Il suo è un mondo spesso monodimensionale che ci fa pensare ad una prospettiva giottesca, come se le sue figure navigassero in spazi a senso unico, senza retroterra alle spalle e senza proiezione nel futuro.
Siamo particolarmente colpiti da una "tetralogia di pensionati", espressi come "umanità inutile", tanto in panchina nella vita da essere persino senza ombra ; per analogia all'inverso questa visione del mondo degli anziani letta dal nostro artista, ci ha fatto pensare al mirabile dipinto di De Chirico Mistero e malinconia di una strada, in cui è l'ombra a comparire ritratta, senza che si veda sulla tela la bambina che la proietta, giocando con il cerchio. Visioni agli antipodi e - forse proprio per questo in parte coincidenti - poiché è persino troppo noto che spesso gli estremi si toccano.
Osservando la tela Concerto per flauti, si coglie l'aspetto favolistico della pittura di Barozzi che spesso indulge a una vena sognante, quasi un riposarsi dalle asprezze della realtà, amaramente riprese in Disoccupati, un binomio di umanitò afflitta dalla mancanza di lavoro, pittura di spessore sociale, in cui sia lo studente che l'operaio - stilizzazione dello sconforto - ci appaiono con le teste abbassate, di persone sconfitte, senza domani.
Una mirabile via Crucis - oggi ribattezzata via Lucis - proprio a sottolineare la valenza salvifica luminosa di speranza della croce del Redentore - fa parte delle opere di ultima produzione del versatile artista, anima più "terragna" che mistica che anche nel divino privilegia l'umano.
Non possiamo tacere la suggestione di un suo Giudizio Universale con una croce punitrice che incombe con forza più biblica che evangelica ai nostri occhi.
Nell'Orto degli ulivi respiriamo un clima di serenità soltanto formale, esaltato dall'eleganza della composizione falcata dentro cui vivono gli apostoli che fanno da inquieta e indifferente corona a un Cristo abbandonato, chiuso nel nitore della sua veste bianca.
Nella tematica barozziana non mancano ispirazioni mitologiche : il mito, proprio perché favola lo affascina e lo spinge a regalarci un Ercole che si risveglia nel vigore delle ritrovate forze, e una Venere di opulenta avvenenza, attorniata da figure femminili invidiose. Sia nella religione che nella mitologia, Barozzi porta sulla tela sentimenti umani, proprio perché è l'uomo con le sue debolezze e con i suoi abbandoni che continua ad essere al centro della sua vis pittorica ed espressiva.
Spesso nell'opera dell'artista il senso del tragico vive in simbiosi con il grottesco, nella tela gremita di una folla sofferta che guarda nel vuoto, smarrita, con bocche quasi ghignanti, ironica con se stessa, messaggera della stessa ironia dell'artista, schivo, alieno dal farsi avanti con la "grancassa", critico nei confronti del successo a tutti i costi.
Solo quando Barozzi vola in un mondo (metà tà fusikà) e si libra nel metafisico, finalmente dimentica le amarezze della vita reale e ci porta negli spazi onirici che gli sono stati suggeriti dall'amico e maestro Gianfranco Maretti con le fatate metafore del suo Animadaria, dentro il sogno fiorito dei suoi mirabili giardini.

Grazia Giordani

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