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    Quando collaboravo free lance al “Carlino”, 
        edizione di Rovigo, vivevo molto più a contatto con la gente, di 
        adesso. La mia collaborazione ad una “terza pagina” veronese, 
        mi fa stare più in casa a leggere saggi e romanzi per scriverne 
        poi commenti e recensioni. Ora, professionalmente parlando, non mi accade 
        nulla di particolare, eccetto qualche amicizia con scrittori gratificati 
        da una mia presentazione o una mia recensione, ai loro occhi, indovinata. 
        E a questo proposito, dedicheremo capitoletti a parte ai compianti Fulvio 
        Tomizza, e Luce D’Eramo, a Matteo Collura (vivissimo) e a qualche 
        altro da ricordare. 
        Ai tempi del “Carlino”, facendo soprattutto cronaca, “indossavo” 
        la provincia come fosse un vestito, intrufolandomi nei bar per respirare 
        la notizia: occhi aperti e orecchie spalancate…  
        A quell’epoca, vigeva la bella abitudine del “dopo teatro”. 
        Una specie di retropalco, soprattutto per noi della stampa, per cui si 
        cenava con gli attori e c’era modo di intervistarli ed osservarli 
        privi del trucco e degli abiti di scena. 
        Ho conosciuto i più importanti e ho un vero dossier fotografico 
        al loro fianco, ma quello che vi voglio narrare ora è l’incontro 
        sui generis con Raf Vallone. Ormai segnato dagli anni, conservava quel 
        tipo di fascino che travalica la bellezza, impreziosito da una voce stupenda, 
        rotonda, piena di forza e di velluto. 
        «Se domani mi vieni a prendere all’albergo, pernotto qui invece 
        che a Rovigo come il resto della compagnia, perché amerei portarmi 
        a casa un refolo di questa vita di provincia» 
        «Verrai?» 
        «Verrò – ho risposto, imbarazzata» 
        L’indomani, accompagnata dall’assessore ala cultura e da qualche 
        altro “maggiorente” della nostra piccola città, mi 
        sono presentata all’albergo. 
        Vallone è sceso subito, non ci ha fatto attendere. 
        Se voleva conoscere il colore locale, non avrebbe potuto capitare meglio: 
        il mercoledì qui c’è un gran mercato che invade tutta 
        la Piazza Marconi, gremito di bancarelle di ogni genere di merci, una 
        piccola “medina” formato polesano. 
        Passeggiavamo in gruppo, ma all’improvviso, il coltissimo attore, 
        mi ha presa sottobraccio, e mi ha detto: «Ti piace Catullo?». 
        E, senza attendere la mia risposta, si è messo a declamare – 
        con quella sua famosa voce al massimo livello di intonazione – i 
        versi più scabrosi del grande poeta, in una sua elegante traduzione. 
        Ero al massimo del disagio. Raf tuonava eroticissime situazioni, passando 
        in mezzo alle bancarelle di baccalà (guardato con grave sospetto 
        da scandalizzate massaie) e fra i venditori di mutande e batterie da cucina, 
        interdetti e piuttosto stralunati al suo strepitoso farsi largo tra la 
        folla… 
      (alla prossima) 
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