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Storie di provincia 4

Incerta se continuare con il filone degli attori di prosa, all’epoca della mia parentesi di critica teatrale, o continuare con quello delle amicizie derivate dalla mia esperienza – tuttora in atto – di critica letteraria, opto per la seconda, toccando, ora, solo la parte che riguarda la vita di questa piccola città, in cui vivo.
«Faresti un po’ di compagnia a Fulvio Tomizza, nostro ospite domani?»
Non avevo quasi fiato per rispondere al presidente della locale biblioteca.
Fulvio Tomizza! Avevo letto quasi tutti i suoi romanzi (innamorata del suo «Materada») ed ero andata in “pellegrinaggio” a Trieste, per vedere il Caffè Tommaseo, dove lui solitamente si appartava a scrivere. In quella occasione, a dire il vero, avevo visto solo lo storico caffè in quanto tale, semideserto, con un cameriere d’ “epoca” che – penso – non si fosse più schiodato di lì dal milleottocento e rotti…
Lo andai a prelevare all’albergo e mi parve subito di essere stata da sempre con lui. Parlammo con naturalezza del romanzo che era venuto a presentarci: «Gli sposi di Via Rossetti»; dei suoi romanzi precedenti; della sua vita di scrittore di “frontiera”; mangiammo quasi con simultaneità di gesti, un gran gelato; «e venne subito sera…».
La serata della sua presentazione.
Lo rividi l’indomani.
Cominciammo a corrispondere per lettera e a scambiarci qualche rara telefonata. La redazione mi affidava tutti i suoi nuovi romanzi da recensire.
L’amicizia si rinsaldava anche con Laura, l’intelligentissima moglie, e con mio marito e nostro figlio.
Se capitava nel Veneto, veniva a pranzo da noi, mangiava di gusto e beveva volentieri.
«Fulvio, gli disse un sera mio marito, perché hai sempre quell’ aria malinconica?»
E lui: «Sarà la mia anima slava».
Istriano di nascita, e triestino d’adozione, certamente viveva un dualismo interiore fra le due terre. Pur essendo molto discreto, questo bellissimo uomo, non era un introverso; se entrava in clima di confidenza, sapeva aprirsi e, per esempio, dirmi….

(alla prossima)